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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2010
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Il libro raccoglie novantuno articoli di Luca Mercalli usciti sul supplemento settimanale Viaggi di La Repubblica dall’estate del 2007 a quella del 2009 oltre a pagine inedite sul clima di alcune città e località che allora non erano citate. Nelle prime pagine è suggestiva la visione della Terra vista dalla galassia, uno zoom a partire al Sole –con la maiuscola, si parla della stella- e da lì considerata un pianetino con il 71 per cento di acqua blu e il 29 per cento di superficie verde o ocra o bianca, con intorno strisce tumultuose o nastri tranquilli di nuvole. Il clima, il tempo che fa, il suo cambiamento è argomento corrente sovente banalizzato dai nostri luoghi comuni: è un sistema complesso il clima, non è solo uno spunto per il turismo, per i nostri spostamenti, i viaggi. Noi siamo dei bipedi che nella grande maggioranza amiamo cieli sempre azzurri, temperature intorno ai 25 gradi per tutto l’anno, ventilazione leggera e costante e pioggia solo di notte. Come il clima della Sardegna e quello del litorale tra la Costa Azzurra e la Riviera dei Fiori –per dire dell’Italia. A meno di essere turisti del meteo estremo, quelli che lo leggono alla rovescia, che cercano segnali di peggioramento per andare a caccia delle enormi nuvole nere e delle raffiche di vento e dei cicloni – in Oklahoma e dintorni (Usa: dalla Tornado Alley al Mojave lungo la Route 66). Il clima su Torino fu studiato la prima volta nel 1681 dal livornese Donato Rossetti, Maestro delle Matematiche di Sua Altezza Reale; nel 1753 il professor Ignazio Somis, insegnante di medicina all’Università, cominciò a misurare la temperatura –in seguito gli strumenti si trasferiranno all’Accademia delle Scienze, poi a Palazzo Madama e oggi ai Giardini Reali, andando a costituire una delle più lunghe e complete serie di dati climatici del mondo (p.141). Grazie a loro ora si può dire del clima di Torino, con i suoi inverni luminosi o magici di neve, come l’ha descritta Gozzano (p.142) sulla rivista ‘La lettura’ in occasione dell’Esposizione del 1911 –tutto è coperto dalla neve e deformato da un’altra fantastica architettura- e gli autunni di nebbia, come ci ha raccontato Calvino (p.196) in Marcovaldo ovvero le stagioni in città nel ’63. Luca Mercalli aggiunge nei suoi articoli le atmosfere narrative di molti scrittori e poeti della letteratura mondiale: più di cinquanta titoli in cui il tempo meteorologico ha dato forza alle tragedie, ha concesso refrigerio alle fatiche (p.135, M.Barbery, L’eleganza del riccio – p.114, F.Tomizza, L’amicizia – ecc.) e ha fatto da quinta o da sfondo nelle storie narrate. Un compendio della storia della letteratura mondiale vista col filtro del clima, delle nuvole, delle tempeste, della neve. Addirittura alcuni elementi descritti nelle sequenze come in un video: si legge come nasce la bora di Trieste, improvvisamente, come da dietro una coperta, un sipario –la tenda nebbiosa là sopra si sollevava, si slabbrava, mostrando una striscia di ceruleo intenso, come l’apertura d’un mondo rinnovato. (…) Allora capii cos’era. Nasceva la bora. Si profilava sul ciglio dei colli e poi d’un balzo era giù, sulla città e sul mare (p.155, G.Stuparich, Il ritorno del padre). Come cresce e si sviluppa la tormenta di neve, che cade ancora abbondante in Russia come ai tempi di Tolstoj –nel racconto citato a p.82, La tempesta di neve (1856), come cadeva abbondante ad Amsterdam ai tempi di P.Brueghel (p.120): anche in gennaio 2010 alcuni canali sono gelati come allora nella città, come nei quadri di H.Avercamp. Il libro è una lettura anche istruttiva –oltre che piacevole- ogni articolo è vivacemente variabile, come i cieli del Belgio e dell’Irlanda (…un gregge che pascola in cielo, F.Mannoia) e quelli della Valle d’Aosta, regione in cui si passa, nel percorso di trenta chilometri, dai mandorli ai ghiacciai.
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