L’ultima fatica letteraria di José Eduardo Agualusa, scrittore angolano, figlio di padre portoghese e madre brasiliana, è ambientata tra il Brasile e l’Africa grossomodo nella stessa epoca in cui si muove Alatriste, l’eroe dei libri di Arturo Pérez-Reverte. Dal 1580 al 1640 la corona portoghese fu assorbita da quella spagnola e i suoi più agguerriti rivali del momento, gli Olandesi, ne approfittarono nel 1630 per invadere gli sguarniti domini portoghesi, occupando il nordest del Brasile. Dopo i successi iniziali gli invasori protestanti vennero contenuti e costretti in un territorio sempre più limitato intorno alla città di Recife, nel Pernambuco, che avevano scelto come loro capitale e che nel 1654 dovettero abbandonare definitivamente. In quegli anni regina Ginga MBandi era a capo di uno dei diversi regni tribali che si trovavano fra l’Angola e il Congo, regioni dalle quali i portoghesi traevano gli schiavi destinati a lavorare nella colonia brasiliana. Ginga, come gli altri re tribali, teneva in schiavitù i nemici sconfitti in battaglia e senza problemi li avrebbe venduti al Portogallo. Non tollerava però che la potenza europea avesse insediato un avamposto nelle sue terre allo scopo di catturare i suoi sudditi per incrementare il traffico negriero. Per questo l’energica regina entrò in conflitto con il governatore portoghese insediato a Luanda e nella sua zona costiera. Il controllo portoghese su tutta l’Angola si avrà infatti soltanto all’inizio del XX secolo. Gli interessi di Ginga coincidevano pertanto con quelli Olandesi che nel 1641 occuparono Luanda per essere ricacciati in mare sette anni dopo. Anch’essi, in ogni caso, erano a caccia di schiavi da impiegare oltreoceano per la lavorazione della canna da zucchero. Questo lo scenario storico del romanzo, il cui protagonista non è però la regina, ma un giovane prete cresciuto nel Pernambuco, Francisco José da Santa Cruz, che viene mandato a svolgere il suo servizio in Angola, dove diviene segretario di Ginga. Il contatto con l’Africa manda in frantumi la sua fede già vacillante e una vita avventurosa lo attende, compreso il ritorno a Recife per una delicata missione per conto della regina africana presso il governatore della «Nuova Olanda» Maurizio di Nassau. Nel libro di José Eduardo Agualusa la ricostruzione del nordest brasiliano non mancherà di affascinare il lettore. Tuttavia l’autore mostra una spiccata preferenza per i fiamminghi, espressa rimarcando più volte la loro tolleranza verso gli ebrei convertiti e i musulmani mentre viene lasciato nell’ombra l’altrettanto radicato fondamento schiavistico della società olandese dell’epoca.
La regina Ginga e come gli africani inventarono il mondo
Angola, 1620: un prete poco più che ventenne, Francisco José da Santa Cruz, sbarca da una nave negriera su una spiaggia del Regno del Congo, per raggiungere la scuola dei gesuiti di São Salvador cui è stato assegnato. Orinigario del Pernambuco, è entrato nella Compagnia di Gesù come novizio a quindici anni e mette piede nel continente africano carico delle certezze ingenue che i lunghi studi nel Collegio Reale gli hanno inculcato. Dell'Africa e della sua cultura non sa nulla e guarda con orrore alla violenza che intorno a lui travolge tutto e tutti. Dopo pochi mesi dal suo arrivo, diventa segretario di Ginga, la fiera sorella del re del Dongo, e la accompagna in una importante ambasceria presso il governatore portoghese. Lei però non si accontenta del ruolo subalterno che spetta alle donne nella società del tempo, e dopo una serie di lotte intestine diviene regina. Francisco deve fare i conti con una realtà tumultuosa ed è costretto ad avviare un serrato confronto tra le sue idee e ciò che lo circonda, tra la fede cattolica e le credenze africane, iniziando un difficile cammino alla scoperta di sé stesso. È un Francisco ormai ottantenne, libraio ad Amsterdam, a raccontarci la sua vita avventurosa e a narrare la storia della regina Ginga e del mondo angolano, con le sue storie e i suoi miti meravigliosi, i contrasti e le contraddizioni inconciliabili, l'ingerenza di portoghesi e fiamminghi sempre in lotta per il controllo del paese e delle sue ricchezze, e quella della Chiesa che vuole salvare i pagani portando loro l'unico vero Dio.
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Vincenzo Fratta 01 marzo 2017
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