Non ho letto questo libro subito dopo la sua pubblicazione, forse sotto sotto perché mi aspettavo il solito pamphlet anticlericale scritto da un francese. Ma quando lo scrittore è Emmanuel Carrère le cose non sono mai scontate. Questo libro racconta il rapporto di Carrère con la religione cristiana (nello specifico la confessione cattolica) negli anni. Battezzato, ma educato in uno spirito laico, Carrère racconta dapprima la sua conversione giovanile alla pratica cattolica, abbandonata poi per altre esperienze spirituali per non farvi mai più ritorno. Il racconto autobiografico si intreccia alla narrazione storica della nascita del cristianesimo, in particolare al ruolo fondativo di Paolo di Tarso. Pur non essendo uno specialista, Carrère si è - come sempre - preparato scrupolosamente, ma questa narrazione non è fine a se stessa, bensì rimane strettamente connessa alle domande che lo scrittore si pone fin dall'inizio del libro - domande non storiche, ma personali ed esistenziali. E pur rimanendo lo sguardo sul cristianesimo quello di un laico, difficilmente ci si potrà sottrarre all'impressione che qualcosa di profondo, anche se non confessionale, sia rimasto da quell'esperienza giovanile nella sensibilità di Carrère, come dimostra la sorprendente (e commovente) conclusione.
Il regno
"In un certo periodo della mia vita sono stato cristiano" scrive Emmanuel Carrère nella quarta di copertina dell'edizione francese del Regno. "Lo sono stato per tre anni. Non lo sono più". Due decenni dopo, tuttavia, prova il bisogno di "tornarci su", di ripercorrere i sentieri del Nuovo Testamento: non da credente, questa volta, bensì "da investigatore". Senza mai dimenticarsi di essere prima di tutto un romanziere. Così, conducendo la sua inchiesta su "quella piccola setta ebraica che sarebbe diventata il cristianesimo", Carrère fa rivivere davanti ai nostri occhi gli uomini e gli eventi del I secolo dopo Cristo quasi fossero a noi contemporanei: in primo luogo l'ebreo Saulo, persecutore dei cristiani, e il medico macedone Luca (quelli che oggi conosciamo come l'apostolo Paolo e l'evangelista Luca); ma anche il giovane Timoteo, Filippo di Cesarea, Giacomo, Pietro, Nerone e il suo precettore Seneca, lo storico Flavio Giuseppe e l'imperatore Costantino - e l'incendio di Roma, la guerra giudaica, la persecuzione dei cristiani; riuscendo a trasformare tutto ciò, è stato scritto, "in un'avventura erudita ed esaltante, un'avventura screziata di autoderisione e di un sense of humour che per certi versi ricorda Brian di Nazareth dei Monty Python". Al tempo stesso, come già in "Limonov", Carrère ci racconta di sé, e di sua moglie, della sua madrina, di uno psicoanalista sagace, del suo amico buddhista, di una baby-sitter squinternata, di un video porno trovato in rete, di Philip K. Dick...
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Autore:
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Collana:
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Anno edizione:2015
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Emiliano 10 gennaio 2025Il meglio di Carrère
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LakesMeadow 03 marzo 2022
"No, non credo che Gesù sia risorto. Non credo che un uomo sia tornato dal mondo dei morti. Ma il fatto che lo si possa credere, e che io stesso l'abbia creduto, mi intriga, mi affascina, mi turba, mi sconvolge - non so quale sia il verbo più adatto. Scrivo questo libro per non pensare, ora che non ci credo più, di saperne più di quelli che ci credono e di me stesso quando ci credevo. Scrivo questo libro per cercare di non essere troppo d'accordo con me stesso." Un'indagine personale, che non si avvicina mai troppo alla figura di Gesù, preferendo concentrarsi sui fautori del Cristianesimo, in particolare sull'evangelista Luca e su Paolo di Tarso. Fin quasi a metà l'ho letto senza respirare: Carrère è bravo a scrivere, a tenere viva la tua curiosità inserendo aneddoti e riflessioni; è egocentrico, ma sincero. La seconda parte è più confusa e dispersiva, poco coraggiosa.
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Michele Pisati 26 novembre 2016
Emanuel Carrere si confronta con un tema significativo, cioè le origini problematiche della predicazione paolina. Dopo aver studiato Teologia per diversi anni, confermo che le riflessioni contenute in quest'opera sono acute e molto utili sia per un laico sia per un "iniziato". Il viaggio di Paolo è narrato in maniera accattivante, con lo stile dinamico di Limonov. Detto questo, avrei valutato la trama 2.5 su 5 se fosse stato possibile perchè il confronto tra Carrere e la religione è sicuramente meno "entusiasmante" dell'avventura di 2000 anni fa. Verrebbe quasi voglia di esercitare il diritto del lettore di saltare le pagine, se non ci si sentisse troppo in colpa.
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