Rime
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Bianca Laura Saibante (1723-1797), nata a Rovereto da una nobile famiglia che da oltre tre secoli era attiva nelle istituzioni cittadine e che aveva accumulato una notevole fortuna grazie alle sue attività nel commercio, è stata una delle più raffinate poetesse, drammaturghe e letterate italiane del XVIII° secolo. Educata nel collegio delle Orsoline di Trento, proseguì gli studi in Lettere e Filosofia sotto la guida dell’abate e filosofo Girolamo Tartarotti, famoso per aver contrastato al suo tempo i processi contro le “streghe”. Si sposò con il cavaliere Giuseppe Valeriano Vannetti, scrittore e letterato, con il quale diede vita nel 1750 all’Accademia Roveretana degli Agiati - riconosciuta nel 1753 con diploma imperiale Maria Teresa d’Austria -, nel contesto della quale assunse il nome iniziatico-letterario di Atalia Sabina Canburi. Contribuì con dedizione ed energia allo sviluppo e all’ampliamento dell’Accademia, che raccolse un notevole numero di affiliati (più di cento solo nel 1751), oltre a disegnare personalmente l’emblema del cenacolo letterario: una piccola lumaca che, con una lenta ma costante ascesa, è diretta verso la vetta della piramide della Conoscenza. Sulla sommità reca il cartiglio con il motto petrarchesco: «Giunto ‘l vedrai per vie lunghe e distorte». La definizione di “Agiati” venne infatti intesa con l’accezione di andare adagio, e il sodalizio, nella denominazione latina, fu anche noto come Academia Lentorum. La fama letteraria di Bianca Laura travalicò ben presto i confini del Tirolo austriaco. Venne infatti chiamata a far parte della prestigiosa Accademia dell’Arcadia, fondata nel 1690 a Roma su iniziativa di Caterina di Svezia (in cui assunse il nome di Ismene Ripense), di quella degli Occulti di Roma, di quella degli Occulti di Brescia e di quella degli Umbri di Foligno. Ci ha lasciato una interessantissima produzione di rime, di parte delle quali curò la pubblicazione nel 1834 Pietro Leopoldo Ferri. Scrisse prevalentemente composizioni poetiche e sonetti d’imitazione petrarchesca, molto apprezzate dai poeti a lei contemporanei, e novelle giocose di matrice toscana. Dal 1753 passò ai più seri ragionamenti in prosa, alternati ai sonetti e alle traduzioni dalla Bibbia, con particolare attenzione verso la condizione femminile. I testi dei suoi discorsi e delle sue lettere letti all’Accademia degli Agiati sono stati pubblicati nel 1781 nella Raccolta Ferrarese di Opuscoli Scientifici e Letterari.
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