Il romanzo arabo al cinema. Microcosmi egiziani e palestinesi - Aldo Nicosia - copertina
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Il romanzo arabo al cinema. Microcosmi egiziani e palestinesi
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Descrizione


Che apporto ha dato il romanzo arabo al cinema mediorientale? Quattro best-sellers, scritti dagli anni Sessanta fino all'inizio del ventunesimo secolo, in Egitto e Palestina, hanno dominato la scena culturale dell'intero mondo arabo anche grazie ai loro adattamenti cinematografici. A "Uomini sotto il sole", di Kanafani, è ispirato uno dei più forti film di denuncia della tragedia palestinese, che arricchisce il testo fonte di nuovi sensi e valenze. "Miramar", del premio Nobel Mahfuz, e "L'Airone", di Aslan, propongono narrative polifoniche e microcosmi nazionali perdendo sul grande schermo funzioni simboliche e carica sovversiva; nel contempo indicano i percorsi ideologici dell'Egitto del post-1967 e i valori estetici del neorealismo degli anni Novanta. Infine, il microcosmo di "Palazzo Yacoubian", di al-Aswani, offre preziosa materia per l'omonimo film, ma deve comunque subire l'influenza delle congiunture socio-politiche dell'Egitto contemporaneo e delle (auto)censure su temi scottanti come omosessualità, terrorismo e corruzione politica.

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Dettagli

10 aprile 2014
135 p., Brossura
9788843072170

Valutazioni e recensioni

  • In questo libro Aldo Nicosia si occupa, soprattutto, di tre romanzi egiziani e dei rispettivi adattamenti cinematografici. I romanzi, non li ho ancora letti; i film, chissà se mai riuscirò a vederli; ma il libro di Nicosia mi ha fatto venir voglia di, quanto prima, leggere gli uni e vedere gli altri. Quello che ho potuto apprezzare in un modo più compiuto in Il romanzo arabo al cinema, e anche subito, sono le considerazioni dell’autore sui rapporti tra i testi letterari e le rispettive trasposizioni cinematografiche: innanzi tutto, il suo linguaggio, che ha la precisione tecnica che deve avere, quando necessario, ma rimane sempre chiaro, e calzante, e onesto. Parlo di onestà perché ormai si sta diffondendo a macchia d’olio uno strampalato gergo accademico, del quale Aldo Nicosia – anche se per professione gli tocca frequentare proprio quell’ambiente – si tiene saggiamente alla larga. Forse perché sia a lui che a me, per quanto riguarda tali ammennicoli, poco o niente importa di venir considerati «ant?ka, roba b?kiy?» (‘pezzi di antiquariato’, ‘roba vecchia’), per usare espressioni arabe che palesemente rispecchiano il retaggio della lingua franca – che è poi il modo in cui un personaggio si riferisce ad un altro in ‘Im?rat Ya‘q?bian, il film tratto dal romanzo omonimo di ‘Al? al-Asw?ni (p. 91). Mi spiego. Ora va di moda travestire l’adattamento da “traduzione intersemiotica”: molto pretenziosamente e, soprattutto, del tutto a sproposito. Che si dia della “traduzione interlinguistica” alla traduzione tout court e della “traduzione intralinguistica” alla parafrasi, passi – anzi, ben venga: perché così si insinua nella mente degli ascoltatori o dei lettori la sanissima nozione, propugnata da George Steiner per primo, secondo la quale ogni interscambio linguistico presuppone, in qualche modo, l’atto di tradurre. Ma chiamare “traduzione intersemiotica” l’adattamento teatrale, fumettistico, cinematografico di un testo scritto è quasi sempre un’arlecchinata; a meno che l’adattatore non abbia intrapreso – volente o nolente, perché non di rado deve rispettare condizioni restrittive che vanno in tal senso – la strada della più stretta “fedeltà” al testo di partenza. Comunque sia, nonostante il canto ipnotico di certe ignorantissime sirene modaiole, Aldo Nicosia seguita a parlare, imperterrito, di adattamenti cinematografici di romanzi, ignorando olimpicamente l’ingombrante ircocervo della “traduzione intersemiotica”; esprimendosi sempre (e invece) con intelligenza, profonda cognizione di causa, schietta chiarezza. È il caso, insomma, di dire che parla come mangia – e si vede che non mangia schifezze.

  • In questo libro Aldo Nicosia si occupa, soprattutto, di tre romanzi egiziani e dei rispettivi adattamenti cinematografici. I romanzi, non li ho ancora letti; i film, chissà se mai riuscirò a vederli; ma il libro di Nicosia mi ha fatto venir voglia di, quanto prima, leggere gli uni e vedere gli altri. Quello che ho potuto apprezzare in un modo più compiuto in Il romanzo arabo al cinema, e anche subito, sono le considerazioni dell’autore sui rapporti tra i testi letterari e le rispettive trasposizioni cinematografiche: innanzi tutto, il suo linguaggio, che ha la precisione tecnica che deve avere, quando necessario, ma rimane sempre chiaro, e calzante, e onesto. Parlo di onestà perché ormai si sta diffondendo a macchia d’olio uno strampalato gergo accademico, del quale Aldo Nicosia – anche se per professione gli tocca frequentare proprio quell’ambiente – si tiene saggiamente alla larga. Forse perché sia a lui che a me, per quanto riguarda tali ammennicoli, poco o niente importa di venir considerati «ant?ka, roba b?kiy?» (‘pezzi di antiquariato’, ‘roba vecchia’), per usare espressioni arabe che palesemente rispecchiano il retaggio della lingua franca – che è poi il modo in cui un personaggio si riferisce ad un altro in ‘Im?rat Ya‘q?bian, il film tratto dal romanzo omonimo di ‘Al? al-Asw?ni (p. 91). Mi spiego. Ora va di moda travestire l’adattamento da “traduzione intersemiotica”: molto pretenziosamente e, soprattutto, del tutto a sproposito. Che si dia della “traduzione interlinguistica” alla traduzione tout court e della “traduzione intralinguistica” alla parafrasi, passi – anzi, ben venga: perché così si insinua nella mente degli ascoltatori o dei lettori la sanissima nozione, propugnata da George Steiner per primo, secondo la quale ogni interscambio linguistico presuppone, in qualche modo, l’atto di tradurre. Ma chiamare “traduzione intersemiotica” l’adattamento teatrale, fumettistico, cinematografico di un testo scritto è quasi sempre un’arlecchinata; a meno che l’adattatore non abbia intrapreso – volente o nolente, perché non di rado deve rispettare condizioni restrittive che vanno in tal senso – la strada della più stretta “fedeltà” al testo di partenza. Comunque sia, nonostante il canto ipnotico di certe ignorantissime sirene modaiole, Aldo Nicosia seguita a parlare, imperterrito, di adattamenti cinematografici di romanzi, ignorando olimpicamente l’ingombrante ircocervo della “traduzione intersemiotica”; esprimendosi sempre (e invece) con intelligenza, profonda cognizione di causa, schietta chiarezza. È il caso, insomma, di dire che parla come mangia – e si vede che non mangia schifezze.

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