Scusate, forse sono io che non ho capito questo libro. Mi aspettavo qualcosa di serio, viste le premesse drammatiche… e invece mi sono ritrovata tra le mani un’accozzaglia di eventi messi insieme un po’ a caso: alcuni volutamente tragici, altri completamente incoerenti, e tutti con una certa aria da “ci metto questo perché fa effetto”. La storia ruota attorno a Sally, figlia di una ragazza rapita a 11 anni e tenuta prigioniera per 14. Si scopre che a 12 anni (quindi prima di Sally), la madre resta incinta di Peter, cresciuto dal rapitore. Sally viene poi liberata e adottata. Peter no: rimane in fuga col padre. Con queste premesse mi aspettavo uno studio psicologico profondo. Invece tutto è trattato con una superficialità imbarazzante. La quarta di copertina parla di Sally “al centro dell’attenzione, inseguita da paparazzi affamati di notizie, concittadini petulanti e detective ficcanaso”. Ah sì? A parte due email scadenti e qualche bambino curioso, non succede nulla. Nessun assalto dei media, nessun detective invadente (a meno che non si intenda l’ispettrice che appare all’inizio e poi sparisce). E le “lettere ambigue firmate da un anonimo S.”? Sono due bigliettini in croce e capiamo subito chi le scrive, visto che l’autrice ci regala anche il punto di vista del mittente. Suspense? Zero. Mistero? Proprio no. Ci sono poi zii inseriti a caso, che non aggiungono nulla. L’epilogo? Totalmente inutile, riesce pure a peggiorare l’impressione finale. A discapito delle recensioni entusiaste che parlano di libro “commovente” e “toccante”, io ci ho trovato solo frustrazione. Avrei anche accettato che negli anni ’80 non ci fossero strumenti per trovare il rapitore, ma il libro arriva fino al 2022 e… davvero nessuno riesce a mettere insieme due indizi? Una grandissima delusione.
