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Dostoevskij aveva detto che solo la bellezza ci salverà. Ma oggi è il bello stesso a dover essere messo in salvo, recuperando l’integralità della sua esperienza che l’epoca digitale fa svanire di giorno in giorno. Questo è l’intento del saggio di Byung-Chul Han, che ripercorre momenti essenziali del pensiero europeo sul bello, da Platone a Nietzsche e Adorno, per mostrare con vigorosa persuasività la deriva estrema della nostra esperienza estetica.
«L'intento è di mettere in salvo il bello, anzi quasi direi, riprendendo l'espressione che la Protezione Civile ha reso familiare negli ultimi anni, "di metterlo in sicurezza", dall’assedio in cui è stato posto, da una parte, dall’arte sempre più avida di dollari, dall’altra dalla levigatezza tecnologica degli smartphone, e, last not least, dalla levigatezza dermatologica della depilazione integrale in stile brasiliano, che preoccupa Byung-chul Han più di quanto sarebbe ragionevole aspettarsi» - Maurizio Ferraris, Robinson
L’estetizzazione diffusa, la veloce proliferazione di immagini levigate e consegnate al consumo, dove conta solo il mero presente della piú piatta percezione, conducono a una fondamentale anestetizzazione. Nulla piú accade e ci riguarda nel profondo, e cosí l’arte diventa, come già aveva avvertito Nietzsche, solo occasione di una momentanea eccitazione. Ma l’originaria esperienza del bello è invece una scossa estatica che ci trasforma e si prolunga anche nella vita etica e politica. La bellezza non rimanda al sentimento di piacere, ma a un’esperienza di verità. “Tu devi cambiare la tua vita”: il monito che promana dal Torso arcaico di Apollo nell’omonima poesia di Rilke è la parola che il bello ci rivolge attraverso questo libro.
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Offre qualche spunto di riflessione interessante, molte citazioni, ma in generale manca di pensiero.
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