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Anno edizione: 1997
Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2004
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«Oggetto: Scomparsa (con proposito di suicidio) del Prof. Ettore Majorana». Un documento di polizia per aprire le indagini su uno di quei casi, prediletti da Sciascia, dove l'enigma insoluto, con la sua verità nascosta, induce ad andare oltre la cronaca, dentro l'anima di un uomo. Dal 26 marzo 1938 si perdono le tracce, fra la partenza e l'arrivo di un misterioso viaggio per mare da Palermo a Napoli, del trentunenne fisico siciliano Ettore Majorana, che Fermi non esiterà a definire un genio, della statura di Galileo e di Newton. Suicidio, come gli inquirenti dell'epoca vogliono credere e lasciar credere, o volontaria fuga dal mondo e dai terribili destini che una tale mente può aver letto nel futuro – e nel futuro vicino – della scienza? Su questo interrogativo Sciascia costruisce uno dei suoi libri più belli, di un'intensità di analisi e quasi di immedesimazione nelle motivazioni non dette, nella logica e nell'etica segreta del personaggio, che giunge a sfiorare l'incandescenza della verità: «Il suo è stato un dramma religioso, e diremmo pascaliano. E che abbia precorso lo sgomento religioso cui vedremo arrivare la scienza, se già non c'è arrivata, è la ragione per cui stiamo scrivendo queste pagine sulla sua vita». Tale ragione è un appassionato coinvolgimento, trattenuto ma vibrante, che si comunica immediatamente a chi legge, e che dalla vicenda contingente si allarga all'incommensurabile.
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Conferme delle profonde intuizioni di Majorana, il giovane fisico "dall'aspetto di un saraceno" scomparso nel nulla il 26 marzo 1938, se ne sono avute molte, almeno quante negli anni sono state le segnalazioni che lo hanno dato per vivo, accreditando la tesi, sostenuta dallo stesso Sciascia, di una fuga volontaria. Un desiderio ben calcolato e autocosciente di invisibilità - per aver forse previsto il pericolo insito nelle scoperte legate all'energia ed alle particelle subatomiche. Il libro - magistralmente scritto - mette in luce l'intelligenza fulminante, cristallina del fisico siciliano, unanimemente riconosciuta, sia nell'ambiente romano di via Panisperna, sia in Germania alla corte di Heisenberg, che, nelle discussioni sulle teorie fisiche, gli insegnava un po' di tedesco. Sciascia raccoglie e interpreta tutte le voci, le "dicerie" (se volessimo usare una parola tanto amata da Bufalino), per esporre in chiusura, e come dissolvenza, la sua ipotesi. Il punto nodale è forse il 'daimon' di Majorana, quel carattere insulare, che non fa gruppo, che gli faceva vivere la scienza non come una volontà ma una 'natura': «Un segreto dentro di sé, al centro del suo essere; un segreto la cui fuga sarebbe stata fuga dalla vita, fuga della vita».
Sciascia, autore amante della sua meravigliosa terra, in questo libro scrive di un figlio di questa terra, il catanese Majorana, e dall'analisi delle pochissime informazioni che si hanno sul caso della scomparsa di uno dei migliori (se non tra i più "illuminati e brillanti") fisici di inizio `900, imbastisce un racconto da cui emerge il coraggio di un uomo, coraggio di fare la scelta di scomparire, pur di non essere "complice" della nascita di quel nucleare che ancora oggi apre dibattiti sulla sua utilità, o almeno sulla necessità dell'imbrigliarne l'energia. Fulminanti e bellissime le pagine in cui Sciascia distingue i fisici "veramente liberi", quelli che si negano alla ricerca (tutti i fisici tedeschi e Majorana), nonostante facciano parte di un regime tra i più brutali vissuti dall'Umanità, e i fisici "schiavi", cioè quelli coccolati e salvati dalle "pseudo democrazie occidentali" che diedero vita poi al progetto Manhattan, i cui effetti ustionarono qualche migliaio di civili giapponesi...
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