Era ancora un bambino Daniel Mendelsohn quando ascoltava le storie di famiglia accucciato ai piedi del nonno, e con l’ingenuità di quell’età gli domandava: “Cosa accadde a zio Shmiel?”. A questa domanda il nonno immancabilmente reagiva con una scrollata di spalle, scuotendo il capo, e si chiudeva in un mutismo per lui insolito. Da allora per l’autore è divenuta ossessione la necessità di ricostruire la figura dello zio Shmiel, di sua moglie e delle quattro figlie, tutti uccisi dai nazisti; e questa urgenza è tanto più forte quanto più egli si rende conto che i sopravvissuti, coloro che hanno visto e possono ancora raccontare, sono rimasti in pochi. Mendelsohn vive la sua ricerca come una missione, consapevole che il tempo non aspetta (“Ci sono tante cose che non comprendiamo, indaffarati come siamo a vivere, così numerose che non vi facciamo caso, fin quando all’improvviso, per qualche ragione non si ha bisogno di quell’informazione che in passato, se solo si fosse chiesto, qualcuno avrebbe potuto fornire. Ma quando ci si decide a farlo, è troppo tardi”). L’esito di questa indagine è il racconto riportato nel libro, in cui il lettore ritrova lettere, fotografie e testimonianze raccolte in tutto il mondo, da New York in Israele, dall’Australia alla Svezia e in Danimarca, ricucite con il filo rosso della memoria, in una narrazione avvincente che emoziona. Memoria, dunque, per ricostruire i fatti di una storia orribile, l’Olocausto subito dagli ebrei, memoria come sostegno alla verità: “Cos’è la memoria? Sì, cos’è? La memoria è quel che si ricorda. Si dà una versione degli eventi, si “ricorda”. Una storia, non un fatto. Dove sono i fatti? C’è la memoria e c’è la verità… non si sa dove finisca l’una e cominci l’altra, mai”. Voto 4,5.
Gli scomparsi
Daniel Mendelsohn da bambino restava seduto per ore ad ascoltare i racconti del nonno. Erano storie di un tempo lontano e quasi magico, di un piccolo villaggio della Polonia, Bolechow, in cui la vita scorreva felice. C'era però un punto in cui la voce del nonno si rompeva, oltre il quale non riusciva ad andare, come volesse nascondere un segreto troppo doloroso. Che ne era stato durante l'Olocausto del fratello Shmiel, della moglie e delle loro quattro bellissime figlie? Molti anni dopo Daniel scopre una serie di lettere disperate che il prozio Shmiel aveva indirizzato al nonno. Quelle lettere custodiscono frammenti del passato di una generazione perseguitata e cancellata per sempre, che in queste pagine ritorna a vivere davanti ai nostri occhi.
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ormos 24 aprile 2023Il filo rosso della memoria
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