Considerato l’investigatore colto, Carlo De Vincenzi non è un detective alla Sherlock Holmes. I suoi ragionamenti non sono di natura deduttiva, alimentati da prove e indizi, ma si basano su una profonda analisi introspettiva dei personaggi coinvolti, nonché su una spiccata attenzione verso il contesto in cui avviene il crimine. De Vincenzi appare timido e riservato, è scapolo e abita con la balia Antonietta in una casa in Corso Sempione a Milano. Entrato nella polizia, è diventato capo della squadra mobile di Milano dopo essere stato militare nell'esercito, congedandosi con il grado di tenente. Nei numerosi romanzi scritti da Augusto De Angelis, raramente ci viene descritto nelle sue fattezze fisiche, spiccando così per le doti umane e caratteriali. Amante dell’arte e della letteratura, con una particolare predilezione per Sigmund Freud, fa raramente sfoggio della sua vastissima cultura, che però talvolta traspare. «Ma appunto per questo ho fatto il poliziotto: perché forse sono un poeta come tu dici. Io sento la poesia di questo mio mestiere... La poesia di questa stanza grigia, polverosa... di questo tavolo consumato... di quella povera vecchia stufa, che soffre in tutte le sue giunture, per riscaldar me. E la poesia del telefono! La poesia delle notti di attesa, con la nebbia sulla piazza, fin dentro il cortile di questo antico convento, che oggi è sede della Questura e ha i reprobi al posto dei santi! Delle notti in cui nulla avviene e tutto avviene, perché nella grande città addormentata, anche nel momento in cui parliamo, i drammi sono infiniti, se pure non tutti sanguinosi. Anzi, i più terribili sono appunto quelli che non culminano in un colpo di rivoltella o di coltello...».
Negli anni ’70 è stata trasmessa dalla RAI la serie televisiva Il commissario De Vincenzi, in cui il commissario è stato interpretato da Paolo Stoppa.