Spettacolo della morte e «tecniche del cordoglio» nel cinema degli anni Sessanta. Con un saggio su «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino
Nel 1949 Bazin affermava senza esitazione che rappresentare la morte sullo schermo costituiva un'oscenità metafisica, una profanazione del "solo nostro bene temporalmente inalienabile". Tuttavia tale rappresentazione "del momento unico per eccellenza" della vita umana si fa oscenità indispensabile in certo cinema italiano, per diventare il veicolo di un messaggio di denuncia verso una società in cui insieme alla sacralità della morte è stata strappata via anche la sacralità della vita. Attraverso l'analisi del cinema di Pasolini, Rosi, Pontecorvo e Sorrentino il presente volume intende mostrare come lo "spettacolo" della morte diventi di volta in volta lo strumento privilegiato attraverso cui "spectare" le realtà sociali e umane ai margini della società del progresso, indagare le relazioni di potere tra i gruppi sociali e rimuovere la maschera di finte certezze e ostentata felicità in una società fatta di luci e frastuono.
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Anno edizione:2017
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