Le statue d'acqua - Fleur Jaeggy - copertina
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Letteratura: Svizzera
Le statue d'acqua
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Descrizione


In un sotterraneo di Amsterdam vive un solitario, Beeklam, circondato da statue. Conversa con loro, evoca ricordi, perde «il controllo delle ore e della vita», esce di rado, per lo più di notte. È uno di «coloro che sono nati persi e debuttano dalla loro fine». Ha lasciato presto il padre, per «andare a comperare statue». In lui, infanzia e vecchiaia si confondono. Una precoce percezione delleffimero sembra avergli impedito, da sempre, di credere che le cose possano avere una ragione. La sua sola attività è una perenne, silenziosa cerimonia dedicata agli assenti. Laustero domestico che abita con lui, le statue stesse, lacqua frusciante che lo chiama, dietro le pareti: sono le comparse di un teatro dombre dove il vuoto si veste sontuosamente di ogni apparenza. Verso Victor, suo domestico, e Lampe, che era stato domestico del padre, Beeklam sente unoscura affinità. Ciò che li unisce è almeno la «vocazione del ricordo» e il perverso piacere della rinuncia. Su ciascuno di loro grava una sorta di eccentricità metafisica, ciascuno conserva qualcosa dellinnocenza e del furore che è delle persone totalmente sole.
E un giorno Beeklam abbandonerà le statue e i sotterranei, emergendone «come nelle fiabe, carico di anni». Lo ritroveremo in un padiglione vicino a una scogliera che attira i naufragi. Lì, quasi in una böckliniana «isola dei morti», abita Katrin, a cui il tempo ha appena cominciato a rosicchiare le guance infantili. In lei riconosciamo il Doppio femminile di Beeklam. Nella casa di Katrin, e nella sua mente, visitata ancora da incubi di refettori e convitti, si respira unaria simile a quella in cui erano immerse le statue. I sotterranei di Beeklam si sono ora rovesciati, sotto un cielo sterminato, in un luogo ibrido che appartiene insieme a un mondo parallelo, al sogno e al regno dei morti.
Questo libro è innanzitutto il suo stile. Proprio perché sul fondo vi si avverte una sottile diffidenza verso la parola, le parole vivono qui una vita selvatica e asociale, come gli esseri di cui raccontano. Qui, secondo lindicazione di Gottfried Benn, «ogni frase deve riposare, tremare, tacere, richiudersi». Un desolato laconismo fa affiorare e dileguare in poche righe ritratti, luoghi, voci, schegge acuminate di storie. E la continua dissociazione, lossessività dei fantasmi, lironia avvolgente e la disperata euforia del tutto sono tracce di quellimmaginazione vagabonda che ha avuto la sua nascita simbolica con il Lenz di Büchner.

Dettagli

21 aprile 1980
110 p.
9788845904271

Conosci l'autore

Foto di Fleur Jaeggy

Fleur Jaeggy

1940, Zurigo

Fleur Jaeggy è nata a Zurigo e vive a Milano dal 1968.Presso Adelphi ha pubblicato: Il dito in bocca (Milano, 1968), L'angelo custode (Milano, 1971), Le statue d'acqua (Milano, 1980), I beati anni del castigo (Milano, 1989; Premio Bagutta 1990, Premio Boccaccio Europa 1994,), La paura del cielo (Milano, 1994; Premio Moravia 1994) e Proleterka (Milano 2001; Premio Vailate Alberico Sala 2001; Premio Donna Città di Roma 2001). Ha tradotto Vite immaginarie di Marcel Schwob (Adelphi, Milano 1972) e Gli ultimi giorni di Immanuel Kant di Thomas De Quincey (Adelphi, Milano 1983).Ha scritto su Schwob, De Quincey, Keats e Robert Walser .Su I beati anni del castigo così ha scritto Iosif Brodskij: "Intinta nell'inchiostro azzurro dell'adolescenza, la penna di Fleur Jaeggy è...

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