Sulle sponde dello Stretto mi sono seduto e ho riso
Nanni, un sognatore in bilico tra Piazza Maggiore e il cimitero di Archi. Con un'equazione imperfetta potremmo dire che Bologna non sta ad Archi come invece Stefano Benni sta a Nanni Barbaro. In queste pagine, che fluttuano disinvoltamente tra il surreale e il beffardo senza disdegnare qualche puntatina sul tragico, Nanni esprime chiaramente lo stupore di chi torna a fare i conti con il proprio luogo natio e si rende conto, invece, che quei conti non hanno proprio nessuna voglia di... tornare. Luoghi e personaggi, che probabilmente solo il fuoco evocativo della nostalgia aveva reso ammalianti e fantastici, si mostrano nella loro vera essenza e mettono il narratore nella cruda necessità di descriverli in modo impietoso. È a questo punto che viene fuori l'estro del narratore e Nanni riesce con maestria a dipanare i racconti mischiando sapientemente echi benniani e gucciniani (la Archi di Nanni ne ricorda un po' il West domestico modenese, di "Tra la via Emilia e il West"), sotto l'occhio vigile del suo amato Faber.
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Anno edizione:2016
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