Recensioni Il tamburo di latta

“Gli individualisti non esistono più, perché l’individualità ci è scappata di mano” In modo atrocemente umoristico e grottesco, il romanzo narra la vicenda del protagonista Oskar Matzerath, il tamburino inseparabile dal suo tamburo, con una voce potentissima che manda in frantumi i vetri. Dal manicomio dove è rinchiuso Oskar rievoca la propria storia, indissolubilmente intrecciata alla storia tedesca della prima metà del Novecento. Scorrono così nel fiume del suo racconto fatti leggendari come il concepimento e la nascita della madre sotto le quattro gonne della nonna, ma anche realtà storiche come l’ascesa irresistibile del nazismo e il crollo della Germania. Nel giorno del suo terzo compleanno Oskar, in odio alla famiglia, al padre, alla società ipocrita, decide di non crescere più. Da quell’osservatorio particolare che è la città polacco-tedesca di Danzica e poi da Düsseldorf, grazie alla sua prospettiva anomala di nano, può guardare al mondo degli uomini dal basso e scorgerne così meglio le miserie e gli orrori, mentre la sua deformità si staglia contro la ripugnanza della normalità piccolo-borghese. )
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