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Anno edizione: 2021
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Spionaggio, intrigo politico, avventura, duplicità morale e colpi di scena: questo è Il terzo uomo, tra i più celebri romanzi di Graham Greene, scritto per il film del 1949 diretto da Carol Reed e interpretato da Orson Welles, votato nel 1999 dal British Film Institute come il miglior film inglese di tutti i tempi.
«Avevo dato il mio ultimo addio a Harry una settimana prima, quando la sua bara era calata nella terra gelata di febbraio, e fu dunque con sbigottimento che lo vidi passare sullo Strand, senza che mostrasse di riconoscermi, tra una folla di estranei». Questa frase, che gli baluginò come una visione una sera di settembre del 1947, è l'impulso che ha dato origine al Terzo uomo, sia al libro sia al film con Orson Welles che si svilupparono strettamente intrecciati (come racconta Greene nel ricordo autobiografico che accompagna questo volume). Rollo Martins, scrittore di western dozzinali, subito dopo la guerra va a Vienna, una città in condizioni disperate, divisa in zone sotto il controllo dei quattro Alleati. Lo ha invitato, perché scriva un servizio giornalistico, il suo miglior amico, Harry Lime. Solo che lo trova morto, o almeno partecipa al suo funerale. Qui incontra un funzionario di Scotland Yard, Calloway, il quale, con i suoi sospetti infamanti, sospinge Rollo a indagare sulla fine dell'amico. L'incontro con l'ex fidanzata di Harry complica la sua ricerca, e spunta un'ombra: un terzo uomo, la chiave di tutto. La storia è raccontata non dal protagonista ma dal disincantato colonnello Calloway. Così il punto di vista del desolato Rollo risulta bilanciato da quello distante dell'ufficiale di polizia: per lui Rollo, colpito nell'amicizia e nell'amore, è alla fin fine «un simpatico idiota». Graham Greene è attentissimo nell'esplorare le psicologie dei suoi personaggi, e li immerge in storie sinistre, che generano individui divisi tra il be-ne e il male, esseri colpevoli carichi di umanità. Ma il suo modo di narrare è sempre in bilico fra il tragico e il grottesco, tra la cronaca e la pietà: usa il distacco dell'ironia per suscitare partecipazione emotiva. Viaggiatore, inviato di guerra, agente segreto, le sue storie, variegate di noir, spionaggio, sospetto, hanno sempre l'aroma della realtà ben conosciuta. Ma il sigillo di Graham Greene sta nelle atmosfere che rievoca: e questa cupa Vienna disastrata, che si incarna nella disperazione di un uomo, mentre un altro uomo osserva senza battere ciglio, è rimasta una delle immagini che meglio rappresentano e raccontano il Novecento. «Volevamo – è sempre Greene sul Terzo uomo – intrattenere il pubblico, spaventarlo un poco, e farlo anche un po' ridere.»
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