Il tesoro della IV Armata. Mani sporche sulla città
La caccia al tesoro è il principe dei tòpoi intramontabili dell’umanità e anche uno dei classici della narrativa mondiale, dall’antichità ai tempi moderni, e da noi in occidente in modo particolare dopo il libro di Robert Louis Stevenson Tresaure Island del 1883, l’Isola del Tesoro, che noi tutti abbiamo letto nella nostra infanzia. Di questi tesori e tesoretti alcuni furono reali, come ad esempio quello della tomba di Alarico sul fiume Busento ma mai ritrovati, altri invece oggetto di favolosi ritrovamenti, come quelli delle piramidi, altri ancora fantastici come il tesoro della Sierra Madre del 1948, oggetto del film di John Huston con Humphrey Bogart come protagonista; tesoro fantastico e film favoloso, narrante la vicenda paradigmatica dei meccanismi perversi che si scatenano fra i protagonisti di ogni caccia al tesoro. Quasi mai tutti i protagonisti della caccia arrivano al ritrovamento del tesoro, ché ogni volta alcuni si ammazzano tra di loro cammin facendo, vengono uccisi da arcigni guardiani o periscono a causa di insidiose trappole, ancora più rari sono quelli che sopravvivono alla spartizione del bottino, sempre sanguinosa, alcune volte poi il tesoro, beffardo, si eclissa all’ultimo momento ad opera di eventi naturali o di terzi più sagaci che arrivano un attimo prima. Questa volta il tesoro, costituito pare - la vera entità del tesoro è oggetto di contesa - da più di un miliardo di franchi francesi dell’epoca oltre a oro e gioielli, era nella disponibilità della IV Armata dell’esercito italiano. Questa armata che aveva occupato parte della Francia del sud, transitò nel Cuneese nel settembre 1943 nelle prime ore dopo l’Armistizio portando con sé le casse con il tesoro. Questo favoloso tesoro fu saccheggiato nel corso dei due anni fino alla liberazione, da più protagonisti; delinquenti piccoli e grandi, autorità repubblichine, occupanti tedeschi, partigiani o finti tali, ufficiali stessi dell’armata, prelati e da chissà chi altro, tanto da ridursi a poca cosa e da finire nelle cronache dell’epoca e nei tribunali dell’Italia post-bellica. Come sempre a pagare furono pochi, quasi nessuno, e ad arricchirsi in tanti. Antoine, il nostro ineffabile investigatore, indaga, incredulo di fronte allo stupefacente dipanarsi della narrazione, su questo tesoro della IV Armata su incarico di un vegliardo, un ebreo fuggito in quel tempo dalla Francia al seguito delle truppe italiane, che a sua volta portava con sé un altro favoloso tesoro famigliare nascosto fra le casse del primo, pure quello scomparso. Ne viene fuori un racconto favoloso dove ancora una volta si dimostra che la realtà è una fucina di sorprese incredibili e supera di gran lunga la fantasia.
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