Trent'anni di storia della cultura a Torino (1920-1950)
…Di fatto, tra le due guerre mondiali la cultura italiana era uscita dalle università, dalle redazioni delle riviste, dalle case editrici, dai cenacoli intellettuali dell'Italia liberale, per dilagare nello spazio pubblico attraverso il cinema, la radio, il teatro, la fotografia, i giornali popolari, in una valanga di nuovi linguaggi segnati tutti dalla dimensione novecentesca raccontata da Karl Polanyi nella "grande trasformazione". Ne erano stati travolti tutti i vecchi riferimenti che avevano orientato i percorsi degli intellettuali ottocenteschi. Nuove figure avevano fatto irruzione sulla scena: l'intellettuale militante, ma non solo; gli studenti dei Guf e quelli che avevano partecipato ai Littoriali, funzionari bene inseriti nelle istituzioni culturali del regime, negli uffici-studi delle grandi aziende, negli ambienti finanziari e bancari, insieme a quelli che affollavano le trasmissioni della radio o gli schermi cinematografici avevano dato vita a un ceto professionale che si guadagnava da vivere producendo cultura e che anzi vedeva i propri emolumenti garantiti grazie all'impalcatura istituzionale messa in piedi da Mussolini. Alle élites intellettuali del passato (prevalentemente di estrazione altoborghese, quando non legate alla rendita fondiaria) subentravano gruppi che occupavano gradini diversi della piramide sociale allestita dal fascismo, sedotti dalla prospettiva di essere finalmente sottratti alle angustie e alle ristrettezze della loro tradizionale collocazione accademica per essere inseriti nel vivo dei meccanismi decisionali del regime, chiamati a una partecipazione diretta non solo all'organizza-zione della produzione e dell'economia ma anche al controllo del consenso delle grandi masse… Giovanni De Luna, introduzione
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Anno edizione:2022
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