Trio '65

Dell’importanza di Bill Evans nella storia del Novecento musicale ci sarebbe molto, moltissimo da dire: grande poeta del pianoforte, certo, ma anche sperimentatore (nel gruppo di Miles Davis, con George Russell, in trio con Scott LaFaro e Paul Motian, e – da sempre – anche in solitudine). Questo va accennato, prima di dare una valutazione su questo album in particolare (Evans ne incise una settantina, a proprio nome…). TRIO ’65 nel titolo sembrerebbe essere un seguito del precedente TRIO ’64 (inciso in realtà a fine ’63), ma è tutt’altra cosa: dove il “precedente” era avventuroso, spesso aggressivo, TRIO ’65 è un album di delicata poesia, dove il nostro dà il meglio di sé nel riesplorare titoli già incisi in anni precedenti (Israel, Elsa, Come Rain or Come Shine? già cavalli di battaglia con LaFaro e Motian, How My Heart Sings con Motian e Chuck Israels, la battutissima ‘Round Midnight già incisa per Verve con tre pianoforti sovrincisi…). Una sorta di ‘prova del nove’ di quanto acquisito nelle precedenti esperienze, dove il confronto con le versioni “altre” è un percorso affascinante. Ma il bello è che l’album non vede un Bill Evans “conservatore” o intimidito: è un signor disco, grazie all’apporto di Chuck Israels al contrabbasso e Larry Bunker alla batteria, al suono ammaliante dell’incisione curata dal mito Rudy Van Gelder nel suo studio di registrazione, la “cattedrale del suono” di Englewood Cliffs… insomma, un vinile imperdibile per ogni audiofilo.