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Nell’8 d.C. Publio Ovidio Nasone, il poeta più famoso del momento, idolo e maestro d’amore dei più raffinati salotti mondani di Roma, venne improvvisamente bandito e relegato a Tomi (l’odierna Costanza), sul Mar Nero, per ordine di Augusto. Per Ovidio fu una catastrofe: esiliato in una terra barbara e inospitale, il poeta si sentì di colpo sfiorire. Nei cinque libri delle Tristezze sfogò tutto il suo amaro rimpianto per la dorata vita mondana della capitale, per i suoi affetti, per i suoi amici per sempre lontani, implorando inutilmente il perdono dell’imperatore e trasfigurando infine la sua vicenda umana nella poesia, che restava ormai il suo unico legame con il mondo. Nell’introduzione di Francesca Lechi, cui si deve anche l’elegante traduzione, sono ampiamente analizzati i motivi poetici delle Tristezze e il complesso rapporto che lega vita e poesia in queste elegie.
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