La vita di uno degli uomini di spettacolo più apprezzati d’Italia, fra aneddoti che riesumano la vita passata nella Roma post-bellica sino al successo come attore e regista passando alla vita familiare e agli anni di Università. Gigi Proietti si narra al suo pubblico e anche a coloro che non necessariamente ne apprezzano le gesta. Si, verissimo, qualche cosa Proietti si ricorda, per non dire che si ricorda davvero tutto. Si scrive e descrive, esuma e riesuma, con una prosa leggera come un discorso diretto, ma non in termini di colui che parla e narra ma diretto verso il cuore e la mente di chi legge. Scegliendo di narrare le proprie gesta partendo dall’inizio e per questo raccontando di una Roma che ormai non c’è più, attraversando le aspettative che la famiglia nutriva nei confronti di un figlio con la poca propensione per lo studio ma che avrebbe visto bene nel ruolo di avvocato, tutto questo prima che proprio quel ragazzo alto e secco non si trovasse a incappare in un volantino che prometteva gloria imperitura per chi ‘avesse calcato le sacre assi del teatro’. Da li in poi il passo per la gloria fu breve e fortunato al punto che ora a distanza di decenni Proietti rappresenta il teatro in Italia e può ben dire che qualche cosa l’ha anche saputo fare. Una lettura simpatica, veloce e leggera come ‘la raganella’, vecchio, e velocissimo, espediente teatrale utile per strappare quanti più applausi possibili. Una lettura perfetta per chi appassionato di cinema, teatro e perché no anche di televisione l’ha più volte visto e intravisto in mille fiction, in migliaia di film, in centinaia di rappresentazioni. Un uomo che non smette di sperimentare e che descrive come vorrebbe proseguire una carriera quasi cinquantennale, sempre nella sua Roma dalla quale ormai ha deciso non si sposterà più nemmeno per andare in tournée.
"Ibsen, Shakespeare, Brecht..." Quando gli insegnanti del Centro universitario teatrale gli sottoposero una lista di autori da portare in scena, il giovane Luigi Proietti per poco non svenne: non ne aveva mai sentito nominare nessuno. Come tanti ragazzi cresciuti nella periferia della capitale, all'ombra del boom economico, Proietti pensava soprattutto alla musica e guardava all'America. Per lui l'unico palco era quello dei night club, dove suonava e cantava insieme agli amici di sempre. Si era iscritto per gioco a quel corso di recitazione, spinto dalla voglia di qualcosa di diverso: non poteva immaginare che quel "gioco" gli avrebbe cambiato la vita. Il "cantante dalla voce ritmico-melodica-moderna" dimostra subito una versatilità senza precedenti, un potenziale che esprimerà al meglio in "A me gli occhi, please" e negli altri one-man show scritti con Roberto Lerici, dei tour de force nei quali salta dal dramma al varietà lasciando il pubblico a bocca aperta. E in cinquant'anni di carriera Proietti ha conquistato generazioni di spettatori, contaminando la cultura "alta" e quella "bassa" senza pregiudizi. In "Tutto sommato" ci restituisce quella voglia di mischiare le carte in tavola, intrecciando le gioie della vita a quelle del palco e lasciando sempre sullo sfondo la sua Roma, città eterna e fragile, tragica e ironica, cinica e innamorata.
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Anno edizione:2013
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Ciro Andreotti 16 maggio 2014
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