Il vangelo della ricchezza - Andrew Carnegie - copertina
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Il vangelo della ricchezza
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Descrizione


È possibile vivere in un mondo capitalista e al tempo stesso giusto? Trionfano l'economia e la finanza globalizzate, ma crescono le disuguaglianze. In tale situazione, come si può garantire la giustizia sociale? Una risposta l'hanno data, in un'epoca curiosamente simile alla nostra, alcuni tra i grandi miliardari americani d'inizio Novecento: la loro buona novella era la filantropia, che oggi ispira capitani d'industria e finanzieri come Bill Gates e George Soros, politici come Bill Clinton, divi del rock e star del cinema, e persino le multinazionali impegnate nella corporate philanthropy. Il più lucido e coerente apostolo della filantropia è probabilmente Andrew Carnegie, il magnate americano dell'inizio del secolo scorso che ha esposto la sua ricetta in un saggio denso e appassionato, "Il Vangelo della ricchezza". Nel presentarlo ai lettori italiani, Francesco Magris ne illustra i presupposti storici e filosofici, e soprattutto mette a confronto i suoi ideali (a cominciare dalla difesa della tassa di successione) con quelli che ispirano le versioni attuali della filantropia.

Dettagli

Tascabile
30 giugno 2016
96 p., Brossura
The gospel of wealth
9788811672067

Valutazioni e recensioni

  • virgola bil
    gli angeli del dollaro

    Metà libretto spiga bene cos'è la filantropia e la sua variegata storia, poi arriva lo scritto autocelebrativo di Carnegie. Ci sono idee che si possono condividere e altre che possono non essere accettate, "purché non ci si illuda di risolvere la povertà con il comunismo" dice l'autore. Di questi tempi, è più attuale che mai questo modo di essere, chiarisce come si ragioni in America (non solo ai tempi di Trump). Non piace Musk e piace il discorso di Jobs (più venditore)? Molti dicono Jobs fosse duro e crudo con i dipendenti, per poi inventare un telefono che spesso è solo una scocciatura e fa ritirare la patente anch'essa sul telefono. Non c'è (solo) la necessità di essere ricordati con la beneficienza (Andrew mi darebbe uno scappellotto e mi correggerebbe subito: "ho scritto di filantropia utile non di beneficienza dispersiva") ma cresce la necessità di concentrare la ricchezza nelle mani di pochi bravi perché possano poi trascinarsi gli altri meno fortunati in un mondo più evoluto. Epicuro credo non avrebbe condiviso questo vivere per fare soldi ed essere ricordati quali portatori di "progresso". Mi sto chiedendo chi dei due avesse (ha) ragione in un mondo per molti amaro.

Conosci l'autore

Foto di Andrew Carnegie

Andrew Carnegie

Andrew Carnegie (1835-1919), di umili origini scozzesi ed emigrato giovanissimo negli Stati Uniti, a diciotto anni venne assunto dalla Pennsylvania Railroad Company, diventandone vicepresidente nel 1859. Convinto antischiavista e ammiratore di Lincoln, fu sottosegretario ai Trasporti durante la Guerra Civile. Negli anni successivi accumulò una fortuna immensa. Ritenendo di aver adempiuto al proprio mandato professionale, ai primi del Novecento liquidò le sue partecipazioni e iniziò una intensa attività filantropica.

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