Questo libro di versi e nonversi può essere letto come l'esperienza-racconto di un viaggio avventuroso nella vita comune. Le parole della poesia parlano di cibo, di soldi, di sesso, malattie, morti, di incontri felici, di persone trovate e perdute. Parlano di sapienza e, con suprema noncuranza, di dio: "lascio il dio povero arricchire" dice un verso chiarissimo e tutto da decifrare. La poesia vive di lacerazioni esibite e nascoste, di trucchi, confessioni, fughe nei labirinti. Se il lettore trova qui una continua sperimentazione di forme, un variare imprevedibile di toni, dal tenero al sarcastico, al giocoso, al riflessivo, deve supporre che l'autore l'ha fatto apposta e non poteva fare altrimenti. L'io del poeta è un luogo di transito della lucidità, della chiaroveggenza, e anche dello smarrimento e dello sproloquio gesticolante. La sua voce è anche la voce di molti altri. l'autore è stato un protagonista della neoavanguardia, ma sostiene che la neoavanguardia ha fatto benissimo a "buttarsi via". La poesia esige il massimo della concentrazione e dell'indifferenza, perché è "una cosa ostile". Guai a fidarsene. Ma, se le si tiene testa, dimostra una strana accoglienza...
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Anno edizione:1986
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