Libro incredibile, narrazione eccezionale, con particolare attenzione alle riflessione che i soldati hanno al rientro dalla trincea. A differenza infatti del celebre romanzo “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, la storia è ambientata dopo la guerra.
La via del ritorno
Quattro anni trascorsi in trincea, in un inferno di orrori, in un lembo di terra tutta buchi e distruzione, tra brandelli di divise, lampi dartiglieria e missili che solcano il cielo come fiori colorati e argentei e poi in un giorno del 1918 ecco, improvvisa, la pace. Niente più mitragliatrici, niente più spari, nessun sibilo di granate. Comincia la ritirata e il ritorno in Germania per Ernst e la sua compagnia. Trentadue uomini, su più di cinquecento fanti partiti allinizio della Grande guerra. Attraversano la Francia camminando lentamente,con le loro divise stinte e sudicie, i volti irsuti sotto gli elmetti dacciaio. Magri e scavati dalla fame, dalla miseria, dagli stenti. Anziani con la barba e compagni smilzi non ancora ventenni, coi lineamenti che segnano lorrore, il coraggio e la fine, con occhi che ancora non riescono a capire: sfuggiti al regno della morte, ritornano davvero alla vita? Lungo la strada incontrano i nemici, gli americani. Indossano divise e mantelli nuovi, scarpe impermeabili e della misura giusta. Hanno armi nuove e tasche piene di munizioni. Sono tutti in ordine. Al loro confronto Ernst e i suoi hanno laspetto di una vera banda di predoni. Eppure, una sola parola sgarbata e si lancerebbero allassalto, selvaggi e sfiatati, pazzi e perduti. Arrivano in Germania di sera, in un grosso villaggio. Qualche festone appassito pende sopra la strada. Dei manifesti stinti dalla pioggia danno il benvenuto. Ma nessuno li accoglie. Nessuna ragazza li saluta lungo la via, soltanto qualche bambino affamato corre loro accanto. Tutti sembrano tornati a occuparsi di se stessi, la vita continua come se loro fossero degli accessori. È quella davvero la patria, quella la casa? Oppure il fronte, quellinferno di orrore e distruzione è penetrato così a fondo nei loro cuori che il lembo di terra della trincea è diventato la loro vera patria, terribile e straziante? Pubblicato per la prima volta a puntate sulla Vossische Zeitung e poi in volume nel 1931, La via del ritorno, riproposto qui in una nuova traduzione, fa parte, insieme con Niente di nuovo sul fronte occidentale e Tre camerati, della trilogia di Erich Maria Remarque dedicata alla Grande guerra. È uno dei libri più riusciti dello scrittore messo al bando dai nazisti, unopera in cui la potenza delle immagini e delle parole si coniuga perfettamente con la storia narrata di un giovane reduce della Grande guerra. La prosa lieve e malinconica di Remarque raggiunge in queste pagine la sua più compiuta espressione, indugiando con maestria sui desolati paesaggi del terribile conflitto e restituendo al lettore lanima di un personaggio che è il simbolo di unintera generazione: una generazione che ha creduto di tornare a casa e dimenticare linferno delle trincee, e che invece ne è rimasta sopraffatta. «Commuovere il lettore con la forza delle parole, e destarne insieme cuore e mente, è il dono straordinario di Remarque». The New York Times
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Lorenzo 06 aprile 2025CAPOLAVORO
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Marco 12 dicembre 2023
Secondo libro della trilogia della guerra, racconta il ritorno a casa di un soldato tedesco dopo la fine della guerra e il tentativo di riadattarsi alla normalità. Libro davvero stupendo, forse anche più di niente di nuovo sul fronte occidentale
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ClaudioF61 07 novembre 2023sempre attuale
la guerra in se rischia di non essere il dramma peggiore. nemmeno la circostanza per cui uomini normali, addirittura miti e compassionevoli si trasformino in belve sanguinarie, rischia di non essere l'effetto peggiore della guerra. sono i cambiamenti, che oggi chiameremmo strutturali, le modifiche permanenti delle anime e delle menti il regalo peggiore dei conflitti militari. al punto che la tanto agognata pace, una volta raggiunta, diventa una condizione di estraneita' , a volte, nei casi piu' disperati, di invivibilita'. di un'intera scuola, solo qualche decina di sopravvisuti torna dalle trincee, ma dopo qualche giorno si accogono che quel senso di sbandamento che accompagnava la gioia del ritorno, non passa, anzi. Solo, e a fatica, il legame che unisce loro, giovani invecchiati e superati dal tempo, riesce a dar loro la forza per andare avanti. e di questa loro condizione, i protagonisti sono lucidamente consapevoli. uno, il piu' sensibile, torna dopo pochi mesi sui luoghi del loro sacrifici, rivive nel pensiero i momenti piu' "epici" e poi si toglie la vita. come una droga, che ti avvelena, ma a di cui avverti la mancanza, la guerra e' entrata nelle vite di questi giovani. della trilogia della guerra, questo e' il romanzo piu' cupo: gli altri due sono illuminati dalla speranza che finisca. qui si avverte la disperazione per aver creduto in tante cose sbagliate: la patria, l'onore, il coraggio e soprattutto che la pace sarebbe stata medicina al loro dolore
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