Dostoevskij diceva che il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni. Quindi, stando a questa massima, possiamo tranquillamente affermare che il nostro non sia un paese civile, nonostante i "pregiudizi" sulle carceri d'oro e i detenuti "eccellenti". Questo testo propone un'idea forte: l'abolizione del carcere, non tanto come unico, o principale, strumento di pena, basandosi sul fatto che la reclusione in generale e l'ergastolo in particolare non siano in grado di garantire né la sicurezza sociale né la rieducazione dei carcerati. I dati sulla recidiva non mentono, anche se fermi al 2006, mostrano che chi ha avuto la possibilità di accedere a misure alternative al carcere ha una recidiva estremamente inferiore rispetto a chi è stato recluso. Purtroppo nel dibattito pubblico il tema del sovraffollamento delle carceri e del disagio psichico dei carcerati è assente e, quando non si può fare a meno di affrontarlo lo si fa con indulti ed amnistie, cioè interventi, limitati e privi dell'organicità delle riforme di sistema, strettamente funzionali a ridurre il sovraffollamento penitenziario per adempiere alle prescrizioni imposte dalla Corte Edu. È più facile reprimere che educare e direi che è anche più comodo. Le pene non detentive dovrebbero rappresentare la soluzione da preferire in linea generale, riservando la prigione ai soli reati non punibili altrimenti, commessi da soggetti la cui pericolosità sociale ne giustifichi una detenzione temporanea. Volendo aprire un dibattito il volume propone un decalogo per arrivare progressivamente all'abolizione del carcere, io mi accontenterei, visti i tempi, dell'abolizione dell'ergastolo a partire da quello ostativo ma, capisco, che dire che questo comporterebbe maggiore sicurezza per i cittadini sia un ragionamento controintuitivo e, perciò, molto difficile da far apprezzare alla maggioranza dei cittadini.
Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini
Un manifesto e una proposta a uso dei perplessi e di chiunque si indigni o si spaventi al solo sentir parlare di abolizione del carcere. Invece abolirlo si può. Ecco come.
«Ciò di cui in questo libro si prospetta l'abolizione è il carcere così come è praticato, come funziona, come si vive oggi: una macchina da oltre tre miliardi di euro, applicata a circa 55.000 persone che mediamente dispongono di tre metri quadrati a testa, in cui meno di un terzo di loro dopo essere uscito non torna di nuovo per aver commesso un altro reato» – Gherardo Colombo
«Non ci appare stupefacente che in tanti secoli l'umanità, che ha fatto tanti progressi in tanti campi delle relazioni sociali, non sia riuscita a immaginare nulla di diverso da celle, gabbie, sbarre dietro le quali rinchiudere i propri simili come animali feroci?» – Gustavo Zagrebelsky
Non è una provocazione. Nel 1978 il Parlamento italiano votò la legge per l'abolizione dei manicomi dopo anni di denunce contro la loro disumanità. Ora dobbiamo abolire le carceri che, come dimostra questo libro, riproposto in una nuova edizione ampliata e aggiornata, servono solo a riprodurre crimini e criminali e tradiscono i principi fondamentali della Costituzione. L'Italia è il fanalino di coda tra i paesi europei più avanzati che stanno riducendo il numero dei detenuti (solo il 30 per cento dei condannati va in carcere in Francia, il 36 per cento in Inghilterra, mentre in Italia sono il 55 per cento). Nel nostro paese chi ruba in un supermercato si trova detenuto accanto a chi ha commesso crimini efferati. Il carcere è per tutti, in teoria. Ma non serve a nessuno, in pratica. I numeri parlano chiaro: la percentuale di recidiva è altissima. E dunque? La verità è che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha idea di che cosa sia una prigione. Per questo la invoca. La detenzione in strutture spesso fatiscenti e sovraffollate deve essere abolita e sostituita da misure alternative più adeguate, efficaci ed economiche, capaci di soddisfare tanto la domanda di giustizia dei cittadini quanto il diritto del condannato al pieno reinserimento sociale al termine della pena, oggi sistematicamente disatteso. Il libro indica "Dieci cose da fare" per provare a diventare un paese civile e lasciarci alle spalle decenni di illegalità, violenze e morti.
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Edizione:2
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Anno edizione:2022
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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gigateo 02 settembre 2022Fine pena mai?
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Saggio agile e lucidissimo. Perchè insistere stupidamente a utilizzare la risposta sbagliata a una domanda giusta? A tratti illuminante. Sono avvocato e ho letto il libro tutto d'un fiato. Assolutamente da non perdere, dice quello che ciascuno di noi pensa e non ha mai trovato scritto. Tramite una serie di considerazioni gli autori ci permettono di aprire gli occhi sulla condizione carceraria(in Italia) e sulla necessità del carcere(in generale). Inoltre l'esiguo numero di pagine permette a chiunque, lettori abituali e non, di poter fruire del contenuto del libro. Dopo averlo letto guarderete al carcere con un occhio completamente diverso.
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