Colpito nel segno. Pochissime pagine per un romanzo che si vorrebbe rileggere appena terminato, che si vorrebbe non finisse mai. Sembra una favola che leggendo non ci si rende conto né di quando è iniziata, né di come, né di quanto è durata: si viene immersi totalmente in un pozzo senza fondo, pieno di parole, pieno di speranze, pieno di vita e di luce, pieno di una delicatezza ed ironia tipicamente francesi. Le parole sono estremamente importanti in questo libro, perché è con queste che Guylain e Julie si incontrano. Lui si innamora attraverso il fiume di parole che lei scrive in modo divino, ogni giorno. Lei si sfoga scrivendo tutto quello che prova giornalmente e ha modo di soffermarsi sulle singole giornate e capirne il senso. Si omaggia il prezioso tesoro che sono i libri, per la loro forza di cambiare tutta un'esistenza con le sole e semplici parole. Lo stile è chiaro e la maestria nell' incastrare vari pezzi del passato con il presente vien del tutto naturale. Dei personaggi viene descritto molto brevemente l'aspetto fisico proprio perché non è questo che l'autore ha voluto risaltare, l'aspetto che prevale è il loro modo di pensare: la sensibilità/amarezza di Guylain e la concretezza della giovane Julie, l'ammirevole forza di Giuseppe. Insomma, viene trattato il mondo degli incompresi, degli invisibili in un modo così ironico e leggero che fa quasi pensare, a chi si è sentito come il protagonista, "Ma chi diavolo me lo fa fare?". Il mondo ci riserva sempre qualcosa che non possiamo controllare, "Perché per quanto se ne sia convinti, niente è mai definitivo, nella vita", mai perdere la speranza, mai smettere di sognare che qualcosa di migliore possa accadere perché un giorno potremmo trovare anche noi il "principe azzurro" e vedere il mondo da un'altra prospettiva. Jean-Paul Didierlaurent è stata una bella sorpresa. Ha scritto tutto quello che non ho mai detto e che nascondo a me stessa. Questo libro è da leggere, non dice nulla di nuovo ma affronta argomenti detti e ridetti in un modo particolare, che mi ha stregata - forse anche perché sto attraversando un periodo particolare della mia vita, non lo so, sicuramente l'aspetto emotivo influisce molto. Ero e sono anch'io un invisibile d'altronde, mi son sentita proprio come Guylain e nel momento in cui per lui, la felicità è arrivata, mi son commossa, sono stata così orgogliosa di lui e dell'incontrollabile destino che a volte gioca brutti scherzi ed altre ci fa dannatamente contenti.
Un amore di carta
Agli occhi di Guylain, l'unica cosa importante era leggere. Snocciolava i testi con zelo meticoloso. E ogni volta, la magia funzionava. Staccandosi dalle sue labbra, le parole si portavano via un po' di quella nausea che lo opprimeva all'avvicinarsi della fabbrica. Guylain Vignolles è un invisibile, uno di quegli esseri solitari che nessuno nota. Lavora in una fabbrica di riciclaggio, al servizio di un'impietosa trituratrice di libri invenduti soprannominata "la Cosa". Nient'altro gli dà gioia, se non leggere a voce alta ogni mattina, sul solito treno delle 6:27, qualche pagina scelta a caso tra le poche che il giorno prima è riuscito a salvare dai denti d'acciaio dell'infernale macchinario. Questo fin quando, un mattino, sul treno trova una chiavetta usb. Rosso granata, che contiene il diario di una giovane donna: settantadue file scritti al computer da una certa Julie, signorina addetta ai bagni di un centro commerciale, pagine su pagine che irrompono come un diluvio nella sua vita sempre uguale. E dalle quali Guylain non saprà trovare riparo. Jean-Paul Didierlaurent ha scritto una storia d'amore al quadrato tra un uomo e una donna che si scoprono legati dalla passione per la lettura e ha dipinto un universo positivo nonostante tutto, perché sopra la coltre grigia di un'esistenza scandita da una routine desolante qualcosa c'é che solleva il cuore e apre lo sguardo: le parole, e le storie che le parole raccontano.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Rita Di Nunno 03 marzo 2017
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DARIO MAZZEO 24 novembre 2016
A mio parere, il romanzo presenta differenti punti a suo favore e altrettanti che vanno nella direzione contraria. Propongo i principali. CONTRO - Quattro storie (il lavoro in fabbrica del protagonista, la "ricerca" delle gambe di Giuseppe, le letture nella casa di riposo e la storia e relativa ricerca di Julie) sono forse troppe, data l'esiguità del testo. Inoltre, l'autore non riesce a legarle bene e restano unite un po' a forza: a ben guardare si vedono da lontano i punti di sutura di questo Frankenstein letterario. - Lieto fine scontato. Ma d'altronde, quale altro finale possibile in un racconto dove non muoiono nemmeno i pesci rossi, ma si rigenerano uguali a sé stessi e nel nome? - I personaggi restano bidimensionali e non si impongono alla memoria e al cuore. Sono e restano una sequenza lineare delle azioni che compiono nel dipanarsi della storia. PRO - La parte iniziale, in cui l'autore racconta il lavoro al macero, è descritta in dettaglio, e i tecnicismi testimoniano una profonda o molto ben documentata conoscenza dell'ambiente. Questa sorta di padronanza dell’argomento ti invoglia a continuare nella lettura. - È bella (letterariamente) l'idea della ricerca di Giuseppe, anche se non sviluppata appieno: è una strada presa e poi lasciata lì, depotenziata. Lo stesso discorso si potrebbe fare relativamente all'ossessione per le piastrelle di Julie. - La lettura di pagine orfane che fa il protagonista, senza dare spiegazioni o riferimenti, è intrigante, e forse è l'unica cosa che salverei in toto del racconto. Il giudizio finale è di un romanzo piacevole, ma da leggere una sola volta e poi mettere da parte.
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Lorenza Ceola 14 maggio 2016
Una favola leggera, delicata da leggere in un pomeriggio sul divano con la coperta. Lo stile è scorrevole, semplice e i personaggi sono persone normali, anzi sono degli invisibili che trovano finalmente un senso alle loro vite ordinarie, sempre uguali e ripetitive: casa-treno-lavoro. È un libro sui cambiamenti che la vita ci offre perché come dice Guylain, il protagonista "Per quanto se ne sia convinti, niente è mai definitivo nella vita". E per fortuna, aggiungerei.
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