Al cospetto di un’opera come Amour ci si sente disarmati; non è possibile difendersi dalle emozioni che inevitabilmente travolgono lo spettatore. La storia di George e Anne è emblema di vita e morte conseguenti all’amore infinito ed immenso tra due esseri umani. I due anziani coniugi, professori di musica in pensione, vivono in una bella casa parigina e condividono in armonia e serenità, tra vita casalinga e concerti di musica classica di loro allievi divenuti famosi, gli ultimi anni di un’esistenza fatta di complicità e passione. Fino a quando la serenità non viene interrotta da alcuni disturbi che colpiscono Anne che, all’improvviso, senza rendersene conto, si assenta divenendo passiva e indifferente a qualsiasi stimolo del marito che impaurito la convince a farsi controllare e di conseguenza a farsi operare una volta dimostrato un problema alla carotide. I problemi di Anne erano preludio a quell’ictus che peggiora la situazione dopo l’operazione tanto da paralizzarle il lato destro del corpo costringendola su una sedia a rotelle. La completa dedizione di George alla moglie porta a prometterle a malincuore che per nessun motivo la riporterà in un ospedale o in una casa per anziani, e così comincia una cura scrupolosa verso di lei preparandole da mangiare, aiutandola a fare esercizi per le articolazioni, pulendola e accudendola in tutto e per tutto. Il peggiorare delle condizioni di Anne dapprima diventa motivo per assumere delle infermiere che si alternino per occuparsi di lei, poi consapevolezza per George di dover essere l’unico depositario di quel dolore e dello stato della moglie, senza accollarlo ad altri o condividerlo con alcuno, nemmeno con la figlia Eva che vive a Londra e che preoccupata consiglia al padre di riportare la madre in ospedale o di metterla in qualche centro specializzato perché non ricada tutto su di lui il peso di quella condizione. Irremovibile George non solo ricorda alla figlia la promessa fatta ad Anne ma licenzia le infermiere dicendo che sarà l’unico a prendersi cura della moglie così come merita. Il lento degenerare dello stato di Anne la porta a divenire alla stregua di un vegetale anche se di tanto in tanto urla frasi incomprensibili o ripete la stessa parola in continuazione, eppure in alcuni momenti quando si trova ad incrociare lo sguardo del marito pare chiedergli qualcosa, un ultimo desiderio che lui non saprà negarle ma solo se, come tutta la loro vita, potranno condividerlo. Amour è un film devastante, e la capacità di trasmettere allo stesso tempo inquietudine e commozione è il più grande pregio di una storia lontana anni luce dal cinema moderno suddiviso tra facile compiacimento del pubblico e spettacolarizzazione di qualsiasi cosa. La grandezza dell’opera di Haneke sta nell’aver raccontato la forza di un amore che non vuole arrendersi al deterioramento della vita ma sopravviverle accantonando la morte come semplice elemento ulteriore di condivisione di quell’amore. Michael Haneke è un maestro della cinematografia degli ultimi vent’anni, e la solennità e la potenza delle sue opere vanno di pari passo alle regie misurate, mai sfrontate, sobrie e minimaliste. Amour si svolge tutto in un appartamento, e gli ambienti vengono ritratti come sfondi su cui i protagonisti si trascinano stancamente, ma rappresentano allo stesso tempo un panorama armonioso creato col tempo, simbolo di una vita trascorsa insieme. Il coraggio mostrato da Haneke nel portare sul grande schermo una storia del genere è quantomeno pari a quello dei due attori che l’hanno interpretata: Jean-Louis Trintignant ed Emmanuelle Riva, rispettivamente 81 e 85 anni di età, sono bravissimi e commoventi nei panni della coppia di anziani innamorati che si trovano ad affrontare questa difficile situazione. La loro recitazione è incredibile per quanto naturale e la difficoltà di tali ruoli costituisce motivo aggiuntivo per il plauso che meritano questi due mostri sacri della cinematografia mondiale, e giusto per darvi un’idea di chi stiamo parlando mi va di citare qualche film in cui hanno lavorato: la Riva in Adua e le compagne, Tre colori-film blu, Hiroshima mon amour, Kapò, mentre Trintignant in Il Sorpasso, Il Conformista, Finalmente domenica, Z- l’orgia del potere, Tre colori – film rosso, giusto per dirne alcuni. Amour ha ricevuto oltre una cinquantina di riconoscimenti in eventi, manifestazioni e Festival di tutto il mondo: tra gli altri è stato premiato con l'Oscar come miglior film straniero, con la Palma d’oro al Festival di Cannes ed è stato decretato miglior film europeo del 2012 agli European Film Awards, rassegna che ha assegnato riconoscimenti per le migliori interpretazioni sia ad Emmanuelle Riva che a Jean-Louis Trintignant. Nonostante l’inquietudine e la tristezza considero Amour uno dei migliori film sull’amore della storia del Cinema.
Amour
Georges e Anne sono due anziani professori di musica ormai in pensione. Anche la loro figlia, Eva, è una musicista e vive all'estero con la propria famiglia. Un giorno Anne è vittima di un incidente e l'amore che unisce la coppia è messo a dura prova, fino alle conseguenze più estreme.
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Regia:
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Interpreti:
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Paese:Francia; Germania; Austria
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Produzione:Cecchi Gori Home Video, 2013
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Distribuzione:CG Entertainment
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Durata:127 min
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Lingua audio:Italiano (Dolby Digital 5.1);Francese (Dolby Digital 5.1)
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Lingua sottotitoli:Italiano
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Formato Schermo:Wide Screen
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Contenuti:dietro le quinte (making of); trailers; documentario; presentazione
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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PASQUALE DE RENZIS 03 marzo 2017
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Un racconto estremamente delicato e ben dosato sulla storia di un'anziana coppia di coniugi, amanti della cultura e teneramente innamorati l'uno dell'altro. L'idillio si interrompe quando la malattia di lei li costringe ad enormi cambiamenti, ai quali assistiamo come degli intrusi che sbirciano senza permesso il modo in cui il marito è costretto ad affrontare ogni inezia quotidiana come se fosse un ostacolo insormontabile, dapprima con forza e buona volontà e poi, man mano, inevitabilmente, con un'estrema stanchezza.
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Gli “Umberto e Umberta D.” hanekiani: mix aberrante di pietismo e voyeurismo. Davide Schiavoni
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