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L' antifascismo popolare. I volti e le storie - Giuseppe Aragno - copertina
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L' antifascismo popolare. I volti e le storie
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L' antifascismo popolare. I volti e le storie - Giuseppe Aragno - copertina
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Descrizione


L'antifascismo popolare, la repressione, l'isolamento, la paura, la scelta di opporsi comunque e resistere, anche mimetizzandosi, in un libro che tiene assieme il rigore della ricerca scientifica e i ritmi e le parole della narrazione. Un contributo alla tesi di una forte continuità tra Antifascismo e Resistenza, ma anche un affresco vivissimo, una sorta di "romanzo storico" che, partendo dalla varietà di situazioni, aspirazioni, relazioni e intenti, stringe l'obiettivo e tira fuori dal silenzio della storia i volti, le voci, le vicende umane e politiche, le scelte talvolta eroiche e le inevitabili miserie umane di una militanza oscura. Sullo sfondo, la ricchezza umana, la complessità culturale e lo spessore morale di un antifascismo che nessuno ha mai celebrato.
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Dettagli

2009
19 febbraio 2009
191 p., Brossura
9788872855652

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

Con questo libro di facile lettura, Aragno si conferma storico rigoroso e ineccepibile, ancorato alla sistemazione e al meticoloso controllo delle fonti archivistiche: carte di polizia rinvenute presso i fondi del Gabinetto di Prefettura degli Archivio di Stato di Napoli e Roma e quelle di un piccolo, ma prezioso archivio privato, custodito dalla famiglia Grossi, protagonista di una esemplare vicenda di lotta per la democrazia. Il lavoro si inserisce ed amplia il filone di studi inaugurato da Cortesi nel 1977 con La Campania dal fascismo alla Repubblica e fa proprie le suggestioni dell'antirevisionismo di Gaetano Arfè, in particolare le critiche alla biografia di Mussolini di Renzo De Felice. In tema di "antifascismo", l'accento cade in genere sui gruppi politici organizzati e sulle più note figure di fuorusciti, sicché non è facile cogliere lo spessore dell'opposizione popolare al fascismo e, in essa, la "valenza" che conservano le culture politiche protagoniste della storia del Paese: liberale, socialista e cattolica. Aragno capovolge questa prospettiva e mette al centro della sua ricerca percorsi biografici in cui l'intreccio tra pubblico e privato, tra vita e militanza, riporta alla luce con singolare immediatezza la complessità culturale e politica dell'antifascismo. Senza rinunciare al rigore scientifico, lo studioso dà al suo lavoro i toni e i ritmi della "vicenda narrata" e segue fili che conducono alla Spagna sconvolta dalla guerra civile, all'America latina e all'Africa mediterranea, in una ricostruzione dal respiro ampio che pone domande e propone risposte che riguardano la vicenda del Paese nel suo insieme. Hanno così un nome e un volto personaggi minori ingiustamente dimenticati e giovani come Pugliese Caratelli che, raccolti attorno a casa Croce, saranno poi intellettuale di spicco nell'Italia repubblicana; assumono connotati precisi conservatori che si oppongono al fascismo "da destra", uomini come Ezio Murolo, che muovono da esperienze condivise coi fascisti - futurismo, interventismo, dannunzianesimo - per approdare ad un antifascismo irriducibile, radicali come Luigi Maresca, che hanno per punto di riferimento Nitti, e poi cattolici, poco numerosi, ma non per questo meno interessanti, e militanti di base dei partiti storici della sinistra: anarchici, socialisti e comunisti. Intrecciando il dato esistenziale a quello culturale e politico, il saggio coglie lo spessore delle scelte che uniscono l'antifascismo di fronte al "nemico comune" e conduce così agli eventi successivi al luglio del '43, individuando le radici delle fratture che si apriranno nei partiti e nella società, nel Pci in particolare, in un clima che, al momento dell'armistizio, preannuncia la guerra fredda e i problemi che caratterizzeranno la cosiddetta Prima Repubblica. Alla base della ricostruzione è, come s'è detto, la narrazione della vita di donne e uomini che hanno lottato contro ogni forma di fascismo per ritrovarsi nell'Italia repubblicana esclusi non solo dalla vita politica del nostro paese, ma anche dalle "storie ufficiali" della Resistenza e, quindi dalla memoria collettiva. L'approccio "dal basso" con cui Aragno ricostruisce storie di vita, pur con un metodo di lavoro diverso dalla storia orale, ricorda gli studi italiani degli anni Sessanta e Settanta di Giovanni Bosio, Stefano Merli. Tracce di fonti orali, per ovvi motivi anagrafici, nel libro di Aragno emergono solo nella ricostruzione della storia di "Radio Libertà" di Barcellona la cui vicenda è stata «narrata all'autore da Ada Grossi durante lunghe conversazioni e una intervista filmata» [p.154, nota 55]. Ada Grossi, nel 1937, era la speaker di "Radio Libertà", conosciuta ai più come "Radio Barcellona", l'emittente da cui giungevano da noi le notizie della guerra civile spagnola. Ada è figlia dell'avvocato socialista Carmine Cesare che, «più volte aggredito dai fascisti», non si piega al regime e nel 1926 lascia l'Italia con la moglie Maria Olandese e i tre figli piccoli. Recandosi in Argentina ha in tasca solo qualche risparmio e due lettere di presentazione: una di Giovanni Porzio e l'altra di Arnaldo Lucci. Queste gli danno una sola garanzia: i compagni lo aiuteranno e gli daranno la possibilità di lottare contro il fascismo. I socialisti con la loro organizzazione gli consentono infatti di scrivere a Buenos Aires «su "L'Italia del Popolo" e sulla rivista letteraria "Nosotros", due delle maggiori pubblicazioni antifasciste che si stampano in Argentina» [p.30]. In seguito, nel 1936, il richiamo della lotta al franchismo è così forte da indurlo a riattraversare l'Atlantico per recarsi in Spagna. Tre maschi combattenti, una mamma che aiuta i ricoverati al Policlinico di Barcellona e una figlia plurilingue "locutrice" alla radio. Il loro destino, per chi oggi conosce la storia dei combattenti italiani si Spagna, appare segnato: campi francesi, rientro in Italia tra il '39 e il '40, carcere, confino, manicomio... Mentre i Grossi scelgono la via estera per la loro militanza, a Napoli Giuseppe Imondi e la sua compagna Maria Berardi, entrambi anarchici formatisi con Errico Malatesta, diventano un punto di riferimento per l'antifascismo locale e nazionale. Imondi è un dentista che fa del suo studio in via Duomo, con «una clientela composta nella quasi totalità da operai» [p.94], un punto di incontro, discussione e sistemazione per i militanti di passaggio in città. Torna così alla mente l'appellativo di "capitale dell'antifascismo" dato a Napoli da Mussolini, in seguito interpretato in relazione quasi univoca con la presenza del filosofo liberale Benedetto Croce. Certo durante il ventennio fascista molti italiani maturano tra le mura di palazzo Filomarino la propria scelta politica che partendo dal liberalismo spesso giunge a posizioni diverse, ad esempio azioniste, socialiste e comuniste. Ma allo stesso tempo casa Imondi-Berardi era un luogo di azione, o, volendo, di cospirazione, di rilevanza nazionale aperto a oppositori di ogni "colore politico" da cui passano, lo si legge in dettaglio, molti volti noti o ignoti dell'antifascismo e che, sebbene attentamente sorvegliato, restava «uno dei terminali di un tessuto organizzativo solo apparentemente fragile» [p.95]. Questi in estrema sintesi due esempi di famiglie di combattenti o organizzatori antifascisti di un mondo dell'opposizione popolare ben più ampio, dove trovano spazio e adeguata considerazione singoli individui o gruppi di cattolici, liberali, socialisti, comunisti sia togliattiani che legati alla tradizione del "Soviet" e al pensiero di Bordiga. C'è inoltre spazio per l'opposizione che viene dall'interno e più precisamente dell'esercito mussoliniano. In conclusione, la quasi totalità degli antifascisti di cui narra Aragno si ritrovano - ed è un dato di estremo interesse - sulle barricate delle Quattro Giornate di Napoli. In questo modo prendono un nuovo volto i protagonisti della Resistenza napoletana e si interrompono giudizi ricorrenti, ormai consolidati, quali la “guerra pro aris et focis” di pretta marca crociana, o la “rivolta degli scugnizzi”, mito nato sulla base delle foto di Robert Capa e sempre ampliato a partire dall'inaugurazione nel 1964 del "Monumento agli scugnizzi" di Marino Mazzacurati. In conclusione Aragno ci porta a una domanda aperta: che fine ha fatto negli anni seguenti il patrimonio politico di cui leggiamo origine e sviluppi, alla luce della storia successiva di Napoli e, ad esempio, del comportamento elettorale al referendum istituzionale del 1946 che vede affermarsi in città la monarchia con l'80% dei voti? Per fornire una risposta al quesito bisogna considerare questo lavoro come punto di partenza per un ulteriore studio che andando più avanti cerchi di comprendere il motivo dell'emarginazione politica di gran parte dei protagonisti dell'antifascismo locale, in relazione alla nuova pagina di storia della città durante l'occupazione alleata, dopo il limine 1° ottobre 1943 dove Aragno si ferma.

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