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E’ un periodo poco studiato e poco rievocato, il Risorgimento a Verona, e specialmente il filone democratico dei mazziniani. Questo libro rende loro onore e ci fa entrare con vivacità nelle loro case, negozi, osterie, fra bicchieri di vino e racconti eroici, fra scrivanie piene di carte segrete e pericolose, a fianco di focolari dove bruciano lettere compromettenti, nelle squallide carceri di Castelvecchio e sui campi di battaglia della spedizione dei Mille, con i soldati e le spie austriache sempre fra i piedi. Non sapevo un sacco di cose che questo libro mi ha fatto scoprire (e io dovrei insegnare storia, fra l’altro!): di quanto fossero soli i nostri patrioti, di quanto fossero odiosi certi austriaci, di quanto fossero ignobili molti cittadini veronesi. La storia in breve è questa: il protagonista Lorenzo, personaggio di fantasia, è un giovane avvocato che difende i veronesi messi in cella per banali ragioni dall’occhiuta polizia austriaca; parteggia per un’Italia libera dallo straniero e unita (siamo attorno al 1848); si innamora di una bella fanciulla il cui padre, onesto professore di latino, finisce in cella per attività cospiratorie; e pure Lorenzo finisce in gattabuia ma nel frattempo alcuni suoi amici vanno a combattere con Garibaldi, ma poi … leggetevi il libro! L’architetto Massignan (l’autore) ci fa passeggiare con gusto per la Verona ottocentesca, tra Castelvecchio, piazza Erbe e piazza Bra, e ci mette sotto il naso la figura di quei patrioti di cui poco sappiamo, se non che a loro è intitolata una qualche via o scuola della nostra città, come Aleardo Aleardi, Carlo Montanari, Girolamo Caliari o la povera Carlotta Aschieri (finalmente ho capito come ha fatto a essere uccisa in un “ultimo sfogo di moribonda tirannide” come recita la lapide all’inizio di via Mazzini). Devo confessare una cosa: sono sempre stata una grande ammiratrice dell’Impero asburgico, per il suo essere multi-etnico, multi-religioso, multi-linguistico, brillante, ordinato, sfarzoso e scintillante, specie se paragonato ad altri regni coevi … ma non avevo mai considerato le sofferenze imposte agli italiani e, soprattutto, non avevo colto quanto Verona fosse stata tiepida, se non vile, nell’unirsi alla lotta garibaldina per un’Italia unita.
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