Strano, ma vero, parlare di ateismo è sempre una questione delicata. Soprattutto, e questo rende la vicenda ancora più curiosa, quando si intende affrontare tale questione all'interno della storia della filosofia. A grandi linee questo può essere definito lo sfondo entro il quale si muove l'indagine di Gianluca Mori. "L'ateismo dei moderni" è sicuramente un lavoro importante: innanzitutto, mette ordine all'interno di una parentesi della storia del pensiero moderno che, come l'autore mette in evidenza, gli storici hanno sempre affrontato seguendo criteri non sempre promettenti. Secondariamente, in queste pagine si respira l'aria del libero pensiero, della contingenza storica e della critica del presente. Insomma, questo è un lavoro riuscito di storia della filosofia; non un semplice trattato dedicato agli addetti ai lavori, ma un esercizio di pensiero che, confrontandosi con il passato, ci insegna qualcosa sul presente: ancora oggi è difficile pensare l'ateismo come una posizione filosofica seria e legittima. Seppur ben inquadrato in quella parentesi storica che va dal 1670 al 1770, Mori, pagina dopo pagina, ci consegna l'immagine di un'ateismo che pensa, che critica, che confuta, che respinge gli attacchi dei suoi eterni rivali, i teisti. Siamo soliti infatti leggere l'ateismo con gli occhi del teismo, siamo soliti pensare all'ateismo per mezzo delle categorie teologiche. Mori ci invita a ribaltare la prospettiva. Salmo 14 vorrebbe che sia l'ateo lo stolto e, di converso, l'uomo di fede il saggio. Dopo aver letto questo libro, i versi del celebre passaggio biblico non possono che sembrarci una vera e propria petitio principii.
L'ateismo dei moderni. Filosofia e negazione di Dio da Spinoza a D'Holbach
Cento anni separano il "Tractatus theologico-politicus" di Spinoza (1670) dal "Système de la nature" di d'Holbach (1770), alba e tramonto di un'epoca. Un'epoca in cui si è cercato di dare una veste filosofica nuova a quella ribellione contro la teologia che è sempre stata latente, in varie forme, nella cultura occidentale, ma che soltanto tra Sei e Settecento ha raggiunto una piena visibilità e una piena consapevolezza di sé. Meteora della modernità, l'ateismo filosofico ha una sua storia, non indegna di essere raccontata, che si dipana spesso nell'ombra e quasi sempre in forma parassitaria come reazione all'imperante pensiero teologico. In realtà, c'è stato un vero e proprio ateismo filosofico, nel pensiero moderno, soltanto finché c'è stata una teologia filosofica degna di questo nome, e cioè dall'età cartesiana fino a Kant. Rompendo con una tradizione millenaria, Cartesio aveva rivendicato la possibilità di una conoscenza "chiara e distinta" di Dio, aprendo la strada a una teologia nuova, che intendeva assurgere al ruolo di scienza al pari della fisica e della matematica. Ma così come si era reso Dio oggetto di scienza, lo si era anche reso oggetto di analisi e critiche prettamente scientifiche; e così come, da quel momento in poi, lo si poteva affermare scientificamente, lo si poteva negare con altrettanta scientificità: Dio era diventato falsificabile.
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Anno edizione:2016
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