Libro avvincente in grado di rapire il lettore e farlo perdere tra i fili intrecciati delle vite di tante donne. Figure femminili interessanti che animano le pagine esprimendo il proprio punto di vista generazionale e culturale. Sullo sfondo una Istanbul moderna, ricca di colori, odori, fermenti. Una città dimentica del suo passato, degli orrori subiti dalla popolazione armena che forte della sua identità chiede a gran voce risposte…le otterrà?
Istanbul non è una città, è una grande nave. Una nave dalla rotta incerta su cui da secoli si alternano passeggeri di ogni provenienza, colore, religione. Lo scopre Armanoush, giovane americana in cerca nelle proprie radici armene in Turchia. E lo sa bene chi a Istanbul ci vive, come Asya, diciannove anni, una grande e colorata famiglia di donne alle spalle, e un vuoto al posto del padre. Quando Asya e Armanoush si conoscono, il loro è l'incontro di due mondi che la storia ha visto scontrarsi con esiti terribili: la ragazza turca e la ragazza armena diventano amiche, scoprono insieme il segreto che lega il passato delle loro famiglie e fanno i conti con la storia comune dei loro popoli. Elif Shafak, nuova protagonista della letteratura turca, affronta un tema ancora scottante: quel buco nero nella coscienza del suo paese che è la questione armena. Simbolo di una Turchia che ha il coraggio di guardarsi dentro e di raccontare le proprie contraddizioni, Shafak intreccia con luminosa maestria le mille e una storia che fanno pulsare il cuore della sua terra.
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Prima edizione. Collana "La Scala" - Volume cartonato con dorso in tela, 389 pagine. Copia in condizioni pari al nuovo. SPEDIZIONE IN 24 ORE DALLA CONFERMA DELL'ORDINE..
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Anno edizione:2007
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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antonella armigero 20 dicembre 2011
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VALENTINA LICANIO 25 marzo 2008
Un bel libro, che ripercorre delle tappe storiche che, purtroppo, si tende a dimenticare. Al contempo, però, è dotato di forte ironia ed è scritto in modo molto scorrevole ed appassionante. Peccato arrivare alla fine.
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FEDERICO MOTTA 10 agosto 2007
Difficile parlare di un libro come questo senza togliere il piacere della lettura e della scoperta. cerco di evitare ogni elemento della storia o commento che possa togliere questo piacere. E' scritto e tradotto molto bene. La scrittura coinvolge e se ci sono quei piccoli trucchetti da scrittore per rendere coinvolgente la lettura, sono ben nascosti. E' pervaso da una sottile ironia ed anche nei momenti più difficili o tragici è percorso da una vena di comicità leggera. All'interno si intrecciano vari piani di lettura. La storia è come un gomitolo di cui non ci si rende conto se se sia composto da uno? da due? da tre? da uno? quanti fili? ci si accorge che è un gomitolo solo procedendo nella lettura. Parla di storie del passato la vicenda degli armeni, del presente gli armeni della diaspora ed i turchi di oggi. Parla di relazioni tra culture diverse che un tempo convivevano nella città più cosmopolita sino ai primi del '900 e che oggi non convivono? ma è vero? Parla di Istanbul come non la si immagina nemmeno. Parla degli immigrati in Arizona. Parla di donne, è un libro sulle donne. Parla di rapporti tra madre e figlie. Parla di cibo. Parla di convivenza, sostituendo situazioni e paesi, si adatta ad altre zone del mondo problematiche, una per tutte, la Palestina. L'autrice sotto processo in Turchia per attentato all'identità turca ( o qualche cosa di simile), ma oggi prosciolta. Gli Armeni che la esaltano per questo fatto, ma forse non hanno letto attentamente il libro (forse non lo hanno letto affatto), la critica se c'è è velata ed è per tutti! Il messaggio è diverso, usiamo il passato per unire non solo per dividere, il passato non è solo nero, la storia è fatta da persone non solo da masse e governi, la memoria non va cancellata, ma deve essere un esempio per non ripetere gli errori, le colpe dei padri non ricadono necessariamente sui figli, se no non c'è progresso.
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