È un libro che non mi ha affatto deluso, ma mi ha lasciato inevitabilmente con una scia di tristezza – l’autrice non è incline al lieto fine. Dario è inizialmente un uomo mangiato dal suo misero passato e cerca in tutti modi di garantire una vita migliore alla moglie Clara, ma soprattutto al figlio Daniel. Tuttavia non si rende conto delle mosse sbagliate a cui fa ricorso, non si rende conto di cambiare in peggio e di uccidere, in questo modo, la moglie e incattivire il figlio che finirà per odiarlo. Ma certo, vivono nell’agio, ma la moglie avrebbe preferito riavere indietro il marito tanto amato dietro il quale, ora, si sta pian piano spegnendo e il figlio non riesce ad accettare quel denaro estorto con l’inganno a vecchie donne. Da parte sua il lettore inizialmente prova pena per Dario, ma dopo cambia idea e si allea a Daniel: perché non si può voler bene a un cinico ebreo a cui ormai interessa solo il denaro che nell’intento di capire le anime degli altri perde la propria irrimediabilmente. A che serve a un uomo conquistare tutti i tesori della terra, se deve perdere la sua anima?
Il signore delle anime
«Appartengo a una razza levantina, oscura, c'è in me un miscuglio di sangue greco e italiano: sono uno di quelli che voi francesi chiamate metechi, immigrati» dice, a una donna in cui vede l'immagine stessa della purezza, Dario Asfar, giovane me- dico che negli anni successivi alla prima guerra mondiale conduce un'esistenza miserabile nel Sud della Francia. E con sorprendente chiaroveggenza conclude: «Io credo che esista una fatalità, una maledizione. Credo che il mio destino era di essere un mascalzone, un ciarlatano ... Non si sfugge al proprio destino». Anche quando, molti anni dopo, non sarà più il «medicastro» che con il suo aspetto «miserabile e selvatico» e il suo accento straniero ispira solo diffidenza, anche quando sarà diventato ricco e famoso, e l'alta società parigina andrà umilmente a chiedergli di guarirla da quelle malattie dell'anima, da quelle «turbe psichiche», da quelle «fobie inspiegabili» che solo lui, il "Master of souls" (come viene definito da chi lo accusa di sfruttare la credulità del prossimo), è in grado di curare – anche allora il dottor Asfar si porterà dietro il marchio indelebile del suo destino, delle sue origini, del suo sangue. E quegli angiporti dell'Oriente da cui proviene, e che ha cercato di lasciarsi alle spalle, gli rimarranno per sempre negli occhi.
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Samantha Li Castri 04 gennaio 2013
Forse non uno dei migliori suoi romanzi, ma merita comunque 5 stelle per l'indagine spietata delle bassezze dell'animo umano. L'unica cosa che sembra dirci, sempre, è che, malgrado la corruzione insita nell'uomo, l'amore rimane un sentimento unico, seppur malato, capace di spingere l'uomo alle più infime nefandezze. La scrittura è semplice, la prosa leggera. A volte zoppica un po', ma le si perdona poichè torna poco dopo ad essere interessante.
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