Scrive Sciascia, riferendosi alla parola “adorabile” << Può darsi che questa parola io l’abbia qualche volta scritta, e sicuramente più volte l’ho pensata: ma per una sola donna e per un solo scrittore. E lo scrittore – forse è inutile dirlo – è Stendhal.>>. E in effetti fra tutti gli scrittori il prediletto dall’autore siciliano è proprio lui, Marie-Henry Beyle, più conosciuto come Stendhal. E non contento scrive spesso di Stendhal e al riguardo è da ringraziare Maria Andronico, la moglie di Sciascia, se dopo la scomparsa del marito ha raccolto questi scritti, dispersi in vari libri pubblicati fra il 1970 e il 1990, in unico volume, intitolandolo, molto opportunamente, L’adorabile Stendhal. Il romanziere francese è un vero e proprio punto di riferimento per Leonardo Sciascia, per quella sua innata capacità di conoscere gli uomini, di sapere entrare nel loro animo, svelandone tutte le naturali contraddizioni; Stendhal è così un esempio da seguire non solo nella vita, ma anche in campo letterario, un maestro a cui ispirarsi e dai cui insegnamenti trarre occasioni e spunti per scrivere a sua volta. Così può capitare che Casanova e Napoleone siano rivisti in chiave stendhaliana; in particolare si resta colpiti dall’ammirazione dell’autore siciliano per l’imperatore corso, ma ciò non deve sorprendere, poiché è noto quanto Stendhal amasse il Bonaparte; semmai, quel che può stupire, è l’infatuazione di Sciascia, così amante della libertà, per un rivoluzionario presto dimostratosi un tiranno. Nel libro c’è una parte dedicata al viaggio di Stendhal in Sicilia, un viaggio in realtà immaginato, perché il narratore francese, che pure visitò in lungo e in largo l’Italia, non mise mai piede su quell’isola, di cui però scrisse, arrivando perfino a raccontare d’esserci stato, da incorreggibile mistificatore. E da questo viaggio inesistente, imperniato su più di una mistificazione, circostanza non infrequente in Stendhal, Sciascia trae spunti di irresistibile ironia. Maria Andronico è stata particolarmente brava nel raccogliere questi scritti organizzandoli strutturalmente seguendo quattro grandi linee tematiche: le felici invenzioni di Stendhal, che sono una sua caratteristica; l’autentica venerazione di Sciascia per il grande narratore francese; l’ascendenza di Stendhal su molti altri autori; l’influenza che ebbe su Sciascia nella sua spiccata preferenza per la scrittura e nelle sue caratteristiche divagazioni sempre presenti nelle sue opere. Ecco, se credete di conoscere tutto di Sciascia dovete ricredervi e leggere questo libro, in cui avrete occasione di scoprire molto di più dell’autore siciliano che del romanziere francese. È un testo quindi di particolare e notevole importanza la cui lettura, pertanto, è senz’altro raccomandata.
L' adorabile Stendhal
Ha detto Sciascia, a proposito di «adorabile»: «Può darsi che questa parola io l’abbia qualche volta scritta, e sicuramente più volte l’ho pensata: ma per una sola donna e per un solo scrittore. E lo scrittore – forse è inutile dirlo – è Stendhal». Sciascia aveva per Stendhal un’ammirazione intima e appassionata (lo leggeva «in continua rotazione», e sempre facendo capo alla «Certosa di Parma»), imparagonabile a quella che nutriva per altri autori. Un’ammirazione che è anzitutto mimesi, identificazione – e che come tale corre, simile a un fiume sotterraneo, in molti suoi romanzi –, ma che, se si guarda agli scritti qui per la prima volta radunati, ha assunto forme molteplici e inaspettate. Come osserva Massimo Colesanti, Sciascia è stato insieme stendhaliano e stendhalista. Da romanziere ha intuito «le strutture e gli scatti psicologici più riposti» della scrittura di Stendhal, ma, da vero lettore-detective, ha anche indagato «i congegni, le “finzioni”, i trucchi, di cui quella scrittura è costruita», e ha saputo sventare depistaggi e mistificazioni, smascherando Stendhal – e seguendo dunque a ritroso quel percorso, a lui ben caro, che muove dalla cronaca e sboccia nell’invenzione.
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Renzo Montagnoli 29 agosto 2013
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