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Interessante libro d'inchiesta, tra storia e archeologia. Scritto bene, con personaggi intriganti, che sembrano guidarci con mano in questo itinerario. C'è il rammarico per quanto abbiamo perduto. In termini paesaggistici e in termini di memoria storica. Est modus in rebus
A metà strada tra reportage e grand tour ottocentesco, il testo ripercorre in dieci tappe la Via Collatina Antica. Stravagante ibrido letterario dove citazioni classiche convivono con tristi considerazioni su un presente non altezza delle passate promesse e premesse. Come un genius loci disorientato, l'autore sembra essere alla ricerca di qualcosa che già sa non esserci più: nel suo tentativo egli si muove non in uno spazio-tempo tridimensionale, ma pone sé stesso (e il lettore) dinanzi alla stratigrafia degli eventi che in ciascuno di quei luoghi hanno avuto la loro realtà storica. Egli dialoga con fantasmi (un po' alla "Spoon River") e con personaggi del nostro presente, ma la conversazione sembra essere più proficua con i primi. Particolarmente sentito il capitolo relativo alla "fullonica" (la grande lavanderia industriale dell'impero, per dir così), la quale sembra aver subìto un bombardamento. Ma non è così: è solo la modernità che avanza a scapito di un passato che ci sembra morto e sepolto; nascosto sotto terra, sì; ogni tanto, però, ne riaffiora, ma solo nella forma di sassi che di certo non necessitano di tutela. Marinucci brancola, ad ogni tappa un cicerone di periferia gli dà informazioni dolorosamente inconcludenti. E dopo aver percorso fisicamente un itinerario irto di ostacoli di natura prettamente antropica, egli giungerà a Collatia. Già, ma dov'è l'antica città di Lucrezia? Trenta secoli di storia e di selvaggia urbanizzazione sembrano aver tolto autorevolezza anche alle fonti antiche. Monumenti antichi malamente inglobati nel tessuto periferico, templi di cemento a celebrare una modernità inconsistente, ferrovie che sconvolgono l'orografia e il passato: questo trova l'autore; prova ad allontanarsi dall'epicentro del disastro, ma conclude il suo trekking urbano e suburbano in mezzo a strutture che dei tre princìpi di architettura vitruviana - solidità, funzionalità e bellezza - indubbiamente qualcuno lo hanno perduto.
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