Secondo capitolo della trilogia di Nicolai Lilin. Il tutto parte dopo "Educazione Siberiana", il reclutamento per il servizio di leva obbligatorio di due anni e tutti ciò che accade in questo periodo. Il giovane viene mandato preso il gruppo di addestramento delle Forze Speciali Russe, come cecchino dei Sabotatori, per combattere nella seconda guerra cecena. Dopo gli scontri in Daghestan partite dagli islamisti nel 1999 e diversi attentati nelle città russe, il Capo di Governo ordina un nuovo attacco in Cecenia. Questa seconda guerra è un vero e proprio genocidio. In questo frangente, è un susseguirsi di azioni militari "sporche" e di atrocità commesse da entrambe le fazioni, rese più crude da una narrazione lineare.
Caduta libera
Chi ha scritto queste pagine, raccontando ciò che ha vissuto, non è un cecchino. Ma ha fatto il cecchino per due anni di servizio militare in un gruppo d'assalto dell'esercito russo durante la Seconda campagna cecena. Non sempre si è ciò che si fa. L'uomo dovrebbe essere più di ciò che fa. Ma ciò che fai può essere così orribile da cambiare ciò che sei: un uomo. La guerra che in queste pagine vedi - perché l'equipaggiamento simbolico di Lilin è soprattutto visivo, come quello della gran parte di noi - non ha orizzonti, né ideologie, né complesse visioni del mondo. Tutto è ravvicinato come attraverso il cannocchiale di un fucile di precisione. Ma è proprio tale assenza di prospettiva a rendere queste pagine terribili più grandi degli eventi che raccontano. Così, la guerra che vedi non è solo quella cecena, ma è la guerra come la si combatte oggi in ogni parte del mondo. Quella senza politica, senza dichiarazioni ufficiali, senza il teatro dei media. Ma con tutta la tecnologia disponibile. E ogni tecnologia - se togli l'uomo come accade in guerra, se togli non solo la pietà ma anche l'etica - si riduce a strumento bellico. Il gruppo di sabotatori raccontato da Lilin con un aurorale talento di narratore non si trova su un fronte, ma nel caos dell'azione in prima linea o dietro le linee nemiche. Gli uomini sono per lo più arruolati contro la propria volontà e combattono per la propria sopravvivenza contro il nemico e contro i traffici del proprio Comando. Fra le case, nei cortili, sul fianco di una collina, nelle fogne o all'interno di una moschea. I nemici sono semplicemente gli «arabi» - come vengono chiamati senza distinzioni e in un assurdo guazzabuglio «ceceni, musulmani, afghani, talebani, terroristi o combattenti di qualunque fede politica» - che bisogna annientare senza pietà ma soprattutto senza esitare, pena la vita. L'unica lealtà possibile è quella primitiva verso il compagno nel gruppo assediato dal mondo di fuori. Si uccide con armi ad alto potenziale o di precisione, ma anche con il pugnale o con una pistola appoggiata alla nuca. E il corpo del nemico fatto a pezzi diventa manichino. Chi lo guarda, per poter sparare meglio si è appena trasformato in una pietra senza respiro e senza vita e ora posa su di esso uno sguardo estetico. E tu capisci che l'uomo non c'è più. Provi orrore quando Lilin non confessa, ma semplicemente dice di aver provato piacere a uccidere, la «gioia» dell'assassino addirittura, ma ti rendi conto di essere di fronte a un frammento di verità. Ogni guerra, qualsiasi guerra se la vedi senza i filtri dei princìpi o delle ideologie, è come questa. Ed è così per le vittime come per i carnefici. Porta l'uomo oltre l'uomo, sì, al di là del bene e del male. Tutto il resto è letteratura.
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Stefano Frattini 12 maggio 2016
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Christian Gravagno 14 luglio 2013
degno erede di "educazione siberiana" si fa leggere in un attimo. che poi la storia sia autobiografica è un dubbio che non mi interessa togliermi
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MICHELE VITIELLO 09 gennaio 2011
Che dire,veramente un ottimo libro,che Lilin sostiene reale ed io gli credo.Non un racconto di colpi sparati,semplicemente,ma un racconto di guerra vero e proprio,con tutte le sue sfaccettature e di conseguenza le violenze che la guerra stessa provoca.In più il libro fa capire come sia impossibile non abbrutire e rimanere lucido,sensibile,semplicemente un essere umano durante un conflitto.Forse questo libro potrebbe essere letto da chi manda i ragazzi di 18 anni in guerra,chi la guerra la decide a tavolino,mentre non sa di gente che viene crocifissa con picchetti delle tende,di gente che cava gli occhi ai nemici,di gente che scuoia vivi gli avversari,come nel libro scrive Lilin e ripeto,io gli credo.Consigliatissimo a tutti e complimenti a Lilin,un ottimo lavoro!!
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