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Recensioni Cercando il mio nome

Cercando il mio nome di Carmen Barbieri
Recensioni: 5/5
Anna e suo padre sono “due pupi mossi dalla stessa coppia di aste di metallo”, i fili che li legano sembrano destinati a non spezzarsi mai, il loro legame inviolabile. Ma non può essere così, non è mai così, e a diciannove anni, dopo una malattia che brucia il tempo, Anna perde il padre per un melanoma. Il rispecchiamento in lui è così forte, la sua figura così sensibile e piena di cura, così materna, che Anna perdendo suo padre perde se stessa, si confonde, senza lo sguardo di lui è come se fosse diventata niente. L’attraversamento del lutto diventa perciò, necessariamente, ricerca di sé, della propria femminilità, e finisce per passare attraverso una scarnificazione del corpo, il suo oltraggio. Trasferitasi da Napoli a Roma, usando l’università come un pretesto per allontanarsi dalla morte incombente, Anna si ritrova a doversi mantenere da sola, la madre non può aiutarla nelle spese né lei vuole gravare, così si indirizza a un prete grazie al quale la sua coinquilina ha trovato lavoro come ragazza delle pulizie. Il prete però la vede bella – “bisognerebbe proteggere la propria carne con squame più spesse di quelle che il lutto fa risplendere sopra le nostre teste. E invece ci esponiamo al sole dell’angoscia senza alcuna protezione, quasi a pretenderli, i segni sulla pelle di questo nostro attraversamento tisico del tempo” – e le propone un lavoro meglio pagato, in un night club. Anna è turbata, pensa di rifiutare ma poi accetta, e c’è repulsione e attrazione nel suo sì. Mescolato al racconto delle notti in cui si trasforma in Bube, con i muscoli tesi attorno al palo della lap dance, riemerge il passato, riemergono i vicoli e i bassi di Napoli, l’infanzia delle veglie con la nonna, i pomeriggi a fare i compiti con Alfredo e Cristina, e soprattutto il padre, la malattia che scompiglia tutto, la possibilità di esistere nonostante la morte. )
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