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2004 - Mostra d'arte cinematografica di Venezia - Miglior attore (Coppa Volpi) - Bardem Javier
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I film tratti da storie vere presentano sempre dei problemi. Uno di questi è che ci fanno riflettere, molto più di quelli di fantasia. Ma se l'argomento è la vita e la morte, allora bisogna immedesimarsi, più che riflettere. Ramòn Sampedro, interpretato da un commovente Javier Bardem, è quella vocina che sussurra dentro di noi tutte le volte che si solleva la questione eutanasia. In paesi che si dicono democratici, dove ognuno sembra libero di poter decidere di e per se stesso, fintanto che non leda la libertà altrui, si è costretti a vivere una vita che non vale la pena vivere. Ma se le persone "normali" possono decidere di suicidarsi liberamente, i paraplegici, tutti quelli a cui Ramòn dà voce, non possono neanche chiedere aiuto alle persone che amano, perchè quelle sono punibili per legge di omicidio volontario. Considerando solo il punto di vista di una persona totalmente allettata, che non vuole essere un peso per nessuno, ma che sa di esserlo nei fatti, nel caso in cui riuscisse a trovare una persona disposta a prendere il posto dei suoi arti, che è impossibilitato a muovere, perchè costringerla alla sofferenza, se è solo questo, per lui, la vita? Possono fare tante cose, è vero, ma non possono decidere per loro stessi. E non possono delegare nulla. Neanche la sofferenza.
Eutanasia. Un tema troppo spesso maltrattato da punti di vista "condizionati" di una parte dell'umanità, viene in questo film sviscerato, riuscendo ad esaltare le sensazioni dei pesonaggi coinvolti e mettendo per una volta da parte i sentimentalismi esaltati in film analoghi, comunque ben fatti, responsabili però di evidenziare solo un lato, forse quello maggiormente esposto, delle persone affette da questo "cancro". Mi è stato infatti difficile proseguire la visione del film e le riflessioni postume, evitando di accostarlo ad un altro capolavoro cinematografico: "Lo scafandro e la farfalla", dove il protagonosita Jean-Dominique Bauby, interpretato da Mathieu Amalric, riesce incredibilmente a superare il desiderio di morte, che invece in questo contesto pervade il film divenendo cardine della storia e trovando il suo feticcio in Javier Bardem, nei panni di Ramón, il quale ci regala una magnifica interpretazione. Incredibilmente il senso del film potrebbe essere riassunto con una citazione tratta dallo stesso: "Le persone che non possono correre imparano a piangere ridendo". Frase struggente, capace di farci cogliere le infime sofferenze che si nascondono anche dietro alle personalità più forti dei tetraplegici, ma ciò non basta a smuovere le dighe di una legge, sebbena dichiaratamente laica, cinica, fredda e spietata capace di strappare una libertà senza vita ad una vita senza libertà. Ciò nonostante Ramón difende il suo sogno provando a seguire i binari della legalità, senza chiedere di essere capito, ma amato da chi sarà disposto a perseguirlo. Intelligentemente il regista riesce a non schierarsi mostrando egregiamente le difficoltà dei personaggi direttamente coinvolti nella storia, senza banalizzare l'uno o l'altro punto di vista, spesso anche attraverso l'uso delizioso della macchina da presa, riuscendo a far crollare le prese di posizione inevitabili dello spettatore, difronte ai risvolti della storia ed ai grovigli di sentimenti che la caratterizzano. Matura la scelta di trattare fugacemente gli sviluppi ecclesiastici e giuridici riguardanti il tema del film, senza risparmiarsi un'inappuntabile critica. I viaggi attraverso la piccola finestra della camera da letto di Ramón, destinati a raggiungere luoghi e persone amate, uniti ad un tocconte e profonda sceneggiatura sommergono lo spettatore di mare dentro.
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