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Decimo film della serie, e terzo con Roger Moore nei panni del protagonista, “La spia che mi amava” rappresenta un punto cruciale nella produzione dei film di 007. Viene ulteriormente ridefinito il personaggio Bond: ancora più sornione e autoironico rispetto ai due film precedenti, sfruttando la naturale propensione allo humor del londinese Moore, e meno cinico e spietato, tratti che più si confacevano allo scozzese Connery. Le scene d’azione, grazie al budget sensibilmente lievitato, sono notevoli e ben realizzate, così come le imponenti e visionarie scenografie, e cominciano a moltiplicarsi i gadget tecnologici, che trovano l’apoteosi nella nuova auto del protagonista, la celeberrima Lotus Esprit anfibia. Forse il ritmo del film qua e là ne risente, apparendo un po’ appesantito, ma, insieme a certi stilemi di sceneggiatura, è uno dei marchi di fabbrica del regista Lewis Gilbert. In ogni caso, molte scene sono entrate di diritto nella storia del cinema, come quella del prologo sulle Alpi austriache. Una menzione speciale per la colonna sonora, con la splendida title-track cantata da Carly Simon. Assolutamente da non perdere, per i fan della serie e non solo.
Usa, Urss e Gran Bretagna sono alla disperata ricerca di un microfilm che contiene informazioni cruciali per l'umanità. In particolare, l'MI6 e il KGB decidono di unire le loro forze per raggiungere lo scopo, ciò comporta che i migliori agenti delle due organizzazioni, 007 e XXX, collaborino intensamente e lealmente. Il fascino di James Bond sarà tale da convincere l'agente Amazova-XXX (una incantevole Barbara Bach) ad innamorarsi di lui, portare a termine con successo la missione e a convincere XXX a non ucciderlo dato che lui in precedenza aveva a sua volta ucciso il fidanzato dell'agente sovietico. Il tutto narrato con ironia, effetti speciali e gadgets formidabili (merita una menzione speciale la Lotus anfibia).
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