Nella scrittura di Alice Munro Il tempo delle parole e delle emozioni, dei sogni e dei rimpianti, quel recupero di relazioni irrisolte o perdute sembra non scorrere e mantenersi sospeso, insondabile, indefinito. Il tentativo di riappropriarsi del se' ricostruendo un passato sofferto, che avrebbe segnato un futuro complesso nuotando in un mare di frammentarie memorie, non ha risposta certa, ne' mai l' avrà, perché l' interiorità è parte di un universo frammentario, alimentato da una caleidoscopica fragilità e sensibilità di un mondo femminile alla ricerca di altre risposte, oltre l' ovvio mostrarsi. Le protagoniste di questi tredici racconti ( quasi totalmente al femminile ) scavano nelle pieghe della memoria attraverso gesti ripetuti, affetti negati, silenzi protratti, un semplice sguardo, una passione fugace, la sofferenza della malattia, domande ripetute nella speranza di riacquisire un quid che in fondo non può cambiarle ne' soddisfarle, perse in una vita oggi incompiuta, incerta, crudele, ma che parla di loro, descrivendole e caratterizzandole. Ogni elemento riporta un ricordo, un flusso di memoria intriso di sentimenti, con protagonisti scomparsi, riemersi, dimenticati, vecchie ferite riaperte, ma sfugge ad ogni definizione di sorta. E quel tentativo di spiegazione riassunto e magistralmente rappresentato dal viaggio intrapreso per afferrare una " madre", la propria madre, ( da parte della protagonista dell' ultimo racconto della raccolta " Ottawa Valley " ma anche da parte della Munro stessa in riferimento alla propria madre ) per delimitarla e circoscriverla, quindi per liberasene, è impossibile, perché lei grava su ogni cosa, incombe, sovrasta, pur con contorni sfumati ed indistinti.
Una cosa che volevo dirti da un po'
«Il problema, l'unico problema, resta mia madre. Ed è ovviamente lei quella che cerco di afferrare; è per raggiungere lei che è stato intrapreso l'intero viaggio. A quale scopo? Per delimitarla, descriverla, illuminarla, celebrarla, per liberarmene; e non ha funzionato, perché incombe da troppo vicino, come ha sempre fatto. Io potrei sforzarmi in eterno, con tutto il talento che ho, e con tutti i trucchi che conosco, e sarebbe sempre lo stesso». È questa la profetica conclusione cui giungeva la narratrice dell'ultimo racconto di questa raccolta di Alice Munro, la seconda, datata 1974. «Una cosa che volevo dirti da un po'»: la formula di un'intima, innocua confessione per un viaggio che da allora non cessa di tracciare percorsi inesauribili e sempre nuovi. «Alice Munro mette nero su bianco il dolore e il piacere della vita nel canto di una prosa asciutta, senza mai sperperare una parola». «The Daily Telegraph» Le tredici storie che compongono la seconda raccolta di Alice Munro, pubblicata nel 1974 e ora per la prima volta in Italia, sono accomunate in larga misura da uno sguardo retrospettivo sulle cose e da riflessioni postume su un passato che tramanda i suoi misteri senza risolvere rancori, gelosie e amori complicati e cattivi. Gli anni non possono spegnere gli incendi della giovinezza, i quali continuano imperterriti a consumare l'ossigeno delle relazioni. Quella tra le due sorelle Et e Char, per esempio, avvinghiate l'una all'altra dal risentimento non meno che dall'affetto, dall'invidia dell'una per la luminosa e invincibile bellezza dell'altra, dal ricordo di piombo di un fratellino annegato, e dalla loro futile rivalità sentimentale. O la danza macabra fitta di tradimenti e amarezze fra la narratrice del racconto Dimmi se sí o no e il suo amante, al quale la donna si rivolge, ora che il caso l'ha messa in contatto con una lancinante verità su di lui. E nel solco delle relazioni difficili, in bilico tra generosi silenzi e slanci superflui, si colloca pure il racconto Cerimonia di commiato, nel quale la morte di un figlio adolescente riporta dopo anni sotto lo stesso tetto due sorelle, madre e zia del ragazzo, senza tuttavia riuscire a produrre un autentico riavvicinamento. Su tutte queste relazioni dilaga naturalmente l'acqua torbida e scura del rapporto tra madre e figlia del racconto finale, L'Ottawa Valley, costruito come una sorta di album di famiglia per viaggi paralleli nel passato. «Il problema, l'unico problema », - confessa la narratrice, - resta mia madre. Ed è ovviamente lei quella che cerco di afferrare; è per raggiungere lei che è stato intrapreso l'intero viaggio ». E prosegue poi: «I suoi contorni fluttuano e sfumano. Il che vuol dire che mi sta ancora incollata addosso come una volta, che si rifiuta di staccarsi e che io potrei sforzarmi in eterno, con tutto il talento che ho, e con tutti i trucchi che conosco, e sarebbe sempre lo stesso». Una cosa che Alice Munro dice, meravigliosamente, da un po'. Susanna Basso
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