Un'altra ottima prova letteraria di Francesco Guccini
Così eravamo. Giornalisti, orchestrali, ragazze allegre e altri persi per strada
«Quante te ne sono mancate, Colombini, quante non ne hai viste. Meglio così? Noi che ci siamo stati e abbiamo visto e abbiamo vissuto, nel bene e nel male, non lo crediamo: meglio esserci stati, meglio avere visto, aver vissuto, e non essere scomparso come un soffione che a un semplice alito di vento è volato via.»
L’andare a piedi, da casa a scuola, di un bambino alle medie, dove un tuo compagno, quello che portava la giacca color senape e di cui ricordi a stento il sorriso, muore all’improvviso e non vedrà nulla di tutto quanto è venuto dopo: la televisione, la città che cambia, la musica che farà venire voglia a tutti di ballare. L’andare, in un giornale di provincia, di un giovane montanaro in cerca di lavoro, con una fame nera e un cinico capocronaca che ti scoraggia. L’andare notturno, alla stazione, di un redattore e di un pittore in cerca di una generosa prostituta da assoldare per sfidarsi in una gara di resistenza, che però è un cattivo scherzo che ti porti impresso nella mente. L’andare, in tutte le balere, di un orchestrale a suonare fino all’alba, con un giornalista che ti tempesta di domande e vuole episodi piccanti da te che, ora, fai altro. L’andare in gita, alla domenica, di te giovane sottotenente in pausa dalle manovre di due capitani che simulano un rifugio antiatomico, senza accorgerti di un grande disastro che poteva cambiare un destino, anzi due. Francesco Guccini scrive con impietosa ironia cinque racconti che sono la Spoon River in prosa di una intera giovinezza, un romanzo di formazione scandito per quadri, come nel breve spazio di una canzone. Sono piccole storie sullo sfondo della grande Storia, importanti proprio perché non illustri: ciascuna di esse illumina un volto, un’atmosfera, un oggetto – come il portacenere rosso, gadget di una famosa bibita pop, che il giovane sottotenente Guccini riceve in dono da una ragazza veneta – che grazie alla scrittura diventano prodigiose madeleines per raccontare ciò che non è più. E ci riportano intatte le emozioni di una vita vissuta fra la guerra e il dopoguerra, fra l’Appennino e Modena, a cui oggi guardare con malinconia ma anche con la struggente consapevolezza di aver vissuto stagioni felici.
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Anno edizione:2024
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Fungomatto 04 gennaio 2025Il Maestrone non tradisce
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Tiziana 02 gennaio 2025Sopravvalutato
Un libro che non si legge bene. Che non da nulla, che non trasmette nulla. Piatto scontato Sembra che l’autore voglia scandalizzare o indignare o comunque evocare un sentimento negativo In realtà non evoca nulla Si fatica a terminarlo
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Ele 23 ottobre 2024una scoperta
Che dire,,assolutamente interessante,
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