Questo personaggio colpisce per il suo essere originale, sopra le righe, assolutamente stravagante. L’autore ne racconta le gesta, esperienze al limite dell’assurdo, viaggi e incontri. A lui si sono interessati personaggi del calibro di Charcot e Freud mentre i più – la società – lo hanno ritenuto fuori di testa tanto da rinchiuderlo in manicomio. Interessante è il tema della privazione. I digiunatori si privavano del cibo per giorni interi, come facessero a resistere resta un mistero. Oggi, nella società dove tutto è accessibile, quale ruolo ricopre la privazione? In cosa consiste il digiuno inteso non soltanto nel senso concreto del termine? A mio parere la nota dolente del libro è lo stile della prosa che ho trovato pesante ed estremamente lento. Del protagonista non emerge il carattere, il libro si rivela un elenco di eventi che si susseguono l’uno all’altro senza che la trama evolva verso un punto di destinazione. Di conseguenza il coinvolgimento del lettore ne risente poiché diviene difficile riuscire a provare empatia nei confronti di Giovanni Succi. Un romanzo dalle buone premesse che non è riuscito a colpirmi quanto avrei voluto.
Il digiunatore
Nato a metà Ottocento a Cesenatico Ponente, terra di mangiatori, Giovanni Succi si impone sulla scena del mondo come il più grande digiunatore di tutti i tempi. C’è qualcosa in lui di invulnerabile, che non si arrende neanche all’evidenza. Qualcosa che ha imparato ancora bambino dalle carovane dei circhi, quando scendevano dal Paradiso Terrestre verso la pianura romagnola. Alla saggezza errante dei saltimbanchi, Giovanni deve la sua gioia e la sua salvezza, l’urgenza di diventare quello che è: uno spirito sensibile, un leone indomabile, un profeta immortale. Guidato dall’utopia del socialismo e dal battito del suo cuore, veleggia libero come un elisir attraverso deserti e savane, cespugli e radure, nuvole e gabbie, e mette il suo digiuno al servizio dell’umanità. Coltivando in sé la sorgente di una speranza illimitata – riflessa in donne dai nomi armoniosi quali Ginevra, Gigliola, Guerranda –, segue il suo respiro per il mondo, dal Canale di Suez al manicomio della Lungara, dalle strade del Cairo e di Milano alle corsie della Salpêtrière. Incontra donne-belve e grandi esploratori, Sigmund Freud e Buffalo Bill, mentre l’Occidente sfocia nella modernità e perde per sempre l’innocenza. In questa biografia sentimentale, Carabba parte da una storia vera per trasfigurarla in un grande romanzo, che ci svela il valore del dubbio, le acrobazie dell’entusiasmo, la fierezza della semplicità. Perché è proprio lì, sul confine tra il pieno e il vuoto, dove la nebbia personale si dissolve nell’incontro con gli altri, che si nasconde la promessa dell’eternità.
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Charlie57 30 gennaio 2022Purtroppo non mi ha coinvolta
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