(Milano 1818-74) romanziere e letterato italiano. Fu dapprima istitutore presso famiglie aristocratiche, quindi bibliotecario a Brera. Volontario nella guerra del 1848-49, fu poi esule in Svizzera, dove frequentò C. Cattaneo e conobbe G. Mazzini, G. Ferrari e C. Pisacane. Tra il 1843 e il 1846 aveva pubblicato tre romanzi storici: Lamberto Malatesta (1843), Valenzia Candiano (1844) e Manfredo Pallavicino (1845-46), che contengono una sotterranea polemica nei confronti di quel genere di largo consumo, demistificandone il patetismo di maniera e i congegni narrativi convenzionali. Tornato in Lombardia, si dedicò alla vasta tela del romanzo ciclico Cento anni, apparso a puntate sulla «Gazzetta di Milano» (1857-58; ed. definitiva in volume 1868-69), dedicato alla vita milanese dal 1750 al 1850. Contemporaneamente esercitava un notevole influsso come critico di letteratura, arte, musica. Altri due romanzi storici pubblicò nel 1868 e nel 1872, La Libia d’oro e La giovinezza di Giulio Cesare.Pur nelle lungaggini e negli squilibri strutturali, i Cento anni conservano un notevole interesse per la tensione tra le forme del romanzo storico, volte a un vivace cronachismo, e un impulso antistoricistico, preludente alla sensibilità decadente, che ispira l’idoleggiamento dell’età giovanile come stagione della felice libertà individuale, destinata a svanire al contatto con il mondo brutale degli anni adulti. A questo intimo dissidio corrisponde l’ibridismo linguistico del romanzo, in cui si mescolano forme colte ed espressioni popolari: non ultima causa dell’ammirazione entusiastica di cui R. godé presso i giovani letterati della generazione successiva alla sua, nel clima anticonformista da cui nacque la scapigliatura (e degli scapigliati egli fu considerato un precursore e una guida). Gli scritti critici del R., raccolti nella Storia delle lettere e delle arti in Italia (1855-58), furono ripubblicati postumi e accresciuti col titolo Le tre arti (1874).