William Carlos Williams è stato un poeta statunitense. Di padre inglese e di madre di origine caraibica, si laureò in medicina all’università di Pennsylvania, dove conobbe E. Pound e H. Doolittle. Dopo un periodo passato a New York, ritornò a Rutheford, per praticarvi con ugual passione la medicina e la poesia, viste come due modi complementari di conoscenza dell’uomo e del suo linguaggio. Già le sue prime poesie, Gli umori (The tempers, 1913), Primavera e tutto (Spring and all, 1923), sono una testimonianza di quella poetica «americana» che si esprime nel principio «niente idee se non nelle cose». Allontanandosi da E. Pound, pur così influente nella sua formazione, e da T.S. Eliot, Williams muove alla ricerca di un linguaggio capace di ospitare materiali nuovi ed eterogenei, oggetti apparentemente irrilevanti (come la «carriola rossa», lucida di pioggia di una sua notissima poesia breve). E le splendide prose di Nelle vene dell’America (In the american grain, 1925) costituiscono un’indagine della molteplice realtà americana, riscoperta nei suoi uomini rappresentativi (Eric il Rosso, Franklin, Aaron Burr, Lincoln), nei suoi eventi mitici, nei suoi drammi, dalla caccia alle streghe all’inquinamento dell’acqua e della terra. Ultimo sviluppo di questa ricerca di un proprio concreto territorio poetico coincidente con l’America è Paterson (1946-51), poema in cinque volumi, costituito di versi e di prose, documenti, lettere, manifesti, che, nel suo potente respiro epico, rappresenta il punto più alto dell’opera di Williams e uno dei grandi modelli della poesia americana contemporanea. Paterson è la città del New Jersey, con la sua geografia fluviale e la sua storia coloniale; ed è, insieme, un uomo in essa, e il pensiero di quest’uomo che prende corpo nella parola poetica. Le opere più tarde di Williams, Altre poesie (Collected later poems, 1950) e Quadri da Brueghel (Pictures from Brueghel, 1962), sono dominate dalla tematica della vecchiaia come «discesa», che paradossalmente si presenta come «rinnovamento» e «inizio». Partito dall’imagismo e dalla lezione del primo Pound, che gli hanno insegnato il valore dell’immagine dai contorni ben netti e il ruolo della parola concreta, Williams è approdato alla trasformazione dell’illusione di oggettività in una tendenza a sviluppare fin dove è possibile la potenzialità della cosa, all’espressione diretta intesa come processo e alla libertà dai metri tradizionali. Ne consegue che ogni poesia di W. è un caso a sé, con un proprio particolare destino.Williams è autore di romanzi (la trilogia Il mulo bianco, White mule, 1937; Nel denaro, In the money, 1940; La costruzione, The build-up, 1952), racconti, opere teatrali (raccolte in Molti amori, Many loves and other plays, 1961), ma la scrittura poetica è la radice della sua invenzione e la compattezza della sua intera produzione nasce dalla spinta a cancellare i generi verso quella visione della parola come corpo e respiro testimoniata in Paterson.
Fonte immagine: Immagine tratta dal libro "Poesía reunida, di William Carlos Williams, Lumen 2017"