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Sapevate che il sottosuolo di Napoli è un dedalo di grotte e cunicoli scavati dall’uomo? E che molti palazzi del centro storico partenopeo sono sospesi sul vuoto, con pochi centimetri di roccia a separarli da voragini in grado d’inghiottirli? Esiste un popolo in grado di tollerare un simile rischio e di conviverci in una serena quotidianità? Si tratta forse dello stesso popolo che da secoli coltiva le pendici di un vulcano dormiente ma non spento, fingendo d’ignorare la brutalità di cui questo mostro di pietra è capace? I napoletani sono una strana comunità, che ha fatto del proprio stile di vita un vanto e una filosofia. Il viso solare di Napoli, che il mondo ben conosce e apprezza, ha i tratti del Golfo, della pizza, del bel canto e di Pulcinella. Ma nel ventre della città c’è molto di più. E, a Napoli come altrove, non si può apprezzare sino in fondo la luce disconoscendo l’esistenza delle tenebre. Nella lettura del romanzo sono stato attratto subito dal titolo, onestamente in un primo momento pensavo, fosse legato a qualcosa di esoterico e magico, poi, mi è venuto in mente un altro romanzo dallo stesso titolo scritto anni addietro da Matilde Serao, la quale in maniera giornalistica aveva scritto magistralmente un opera di denuncia sulle condizioni di vita dei napoletani. Francesco Grasso in maniera nuova e in chiave quasi ironica ne ripercorre le orme. Un libro denso, quello di Grasso, che ritorna con metodi ed energie nuove a leggere e rileggere una città spesso malmenata e dimenticata. “…Le torri del Centro Direzionale puntavano il cielo come inni di vetro e acciaio. Il mattino annunciava una di quelle giornate tiepide e luminose che solo la primavera napoletana sa confezionare. Nuvole candide erano involtolate, a mo’ di sciarpa, intorno al profilo triangolare del Vesuvio. A est facevano capolino uno spicchio di golfo, i rilievi della penisola sorrentina, un accenno del profilo di Capri. Dal sottopasso echeggiava l’offerta di un venditore di taralli…” “…Il Cimitero delle Fontanelle. È la via più breve per la Città Nera...” Opera intelligente e di un feroce e profondo sarcasmo forse non perfettamente comprensibile da chi non è immerso nella realtà di Napoli. Troppo si scrive su Napoli e di Napoli, ma dalla cronaca che spesso viene finalizzata dal potere costituito per perseguire i propri scopi. Francesco Grasso evoca in maniera eccellente quella che è la NAPOLI SOTTERRANEA. "Napoli sotterranea": quante volte abbiamo sentito questa espressione? Non è un modo di dire, è proprio una città, situata 40 metri sotto terra. Ricalca, in negativo, la Napoli che conosciamo: sopra i colori, i suoni, il sole, l'allegria tutta partenopea, i negozi di souvenir con Totò e Pulcinella, Pino Daniele e Eduardo, le storiche piazze, i quartieri spagnoli, il calore e l'allegria che sono sinonimi di questa straordinaria città, una delle più belle del nostro meraviglioso Stivale. Sotto il buio, il silenzio, i cunicoli, le cavità, i graffiti, i resti delle epoche storiche che si sono succedute, testimonianze di vita di una comunità. Il termine 'Napoli sotterranea' sta ad indicare il fittissimo e complesso reticolo di cunicoli e cavità, che si trovano nel sottosuolo napoletano e che formano una vera e propria città che ricalca, in negativo, la città di superficie. Una città che si estende lungo tutto il centro storico e alla quale sono legati miti e leggende che ancora oggi rendono gli ambienti particolarmente suggestivi, affascinanti. Perché parlare del ventre di Napoli? Perché - il lettore ormai lo sa - ogni volta che vivo un'emozione intensa mi piace condividerla con chi legge. Dunque ecco il resoconto di un libro particolare, vissuto a Napoli, un libro breve ma, dalle mille sfaccettature. Grazie a Carlo e Silvia, i due personaggi principali del testo (ma ve ne sono molti altri), riuscirete ad immergervi in una realtà nuova e quasi sconosciuta. L’opera è indubbiamente un lavoro attendo verso un mondo quasi invisibile. Il sarcasmo dell’opera racconta in maniera ironica la vita apparente e la vita nascosta della Napoli odierna. Un riscatto per una citta spesso martoriata. Nella speranza che questo riscatto possa davvero avvenire. Io, purtroppo, sono pessimista perché oggi le necessità del potere economico e politico esulano completamente da quelli che sono i bisogni della gente e penso che se questi convergessero non ci sarebbe uno “stato nello stato”, non ci sarebbe quella povertà sociale che è sotto gli occhi di tutti. L’opera di Francesco Grasso si conclude con un inno velato all’AMORE, un allusione forse all’amore di Dio e suo figlio verso questa città (Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo velato è una delle opere più note e suggestive al mondo). Ed è proprio questo sentimento l’unica vera forza che muove il mondo napoletano. ….– L’ammore – approvò il primo. – Quaterna secca – concluse l’altro, deliziato dall’accordo raggiunto. – Sulla ruota di Napoli? Il primo anziano annuì. – Ohì! A ro’, altriment’? L’opera è un romanzo breve, sessantadue pagine, ma comunque anche nella sua brevità induce alla riflessione. CONSIGLIATO. Vito ditaranto
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