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Anno edizione: 2014
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Scoperto per caso, ma conferma la capacità della piccola biblioteca Adelphi di presentare grandi storie in piccoli libri. E piccolo lo è il testo di Dürrenmatt: 80 pagine che si leggono d'un sol fiato; la trama, supportata da una prosa mai banale anche se a tratti un po' ostica, tiene incollati al libro perché si capisce subito come finirà ma non le modalità... Iconico il primo capitolo, un'introduzione dell'autore alla storia, che racchiude in poche pagine l'essenza stessa dello scopo ultimo di fare letteratura: si consiglia di rileggerlo un paio di volte per assimilarne il senso profondo.
Che libro! Poche pagine che mettono in evidenza il potere delle parole, delle intenzioni e i loro effetti drammatici. Siamo davvero sicuri di essere innocenti?
Un piccolo gioiello questo racconto di Dürrenmatt, che in poco meno di novanta pagine racchiude una profonda riflessione su giustizia e consapevolezza delle proprie colpe, temi centrali nell’opera e nel pensiero dello scrittore svizzero. Come già nel Giudice e il suo boia, vi si ritrova la critica alla giustizia umana intesa come istituzione giudiziaria (impersonata dai quattro pensionati, ex rappresentanti di giustizia, personaggi grotteschi, bizzarri, buffoneschi), una giustizia capace di giungere a verità, di illuminare, di assumere i contorni di un “immane, inconcepibile sole”, solo nel momento in cui riesce a liberarsi della sua veste istituzionale e a compiere l’arduo passo verso fatto individuale, introspettivo, di intima consapevolezza delle proprie azioni. La cena goliardica, le cui abbondanti portate accompagnate da vini pregiati scandiscono le fasi del finto processo inscenato al protagonista, mi ha ricordato molto quella della scena finale del Giudice e il suo boia: anche qui era un rappresentante di giustizia, un commissario di polizia, ad abbuffarsi e ad ubriacarsi. Cinico, pungente, elegantemente costruito, consiglio la Panne a chi cerca una lettura leggera, breve, ma densa di spunti di riflessione.
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