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Il rapporto burrascoso fra un padre che vive border line, appena uscito dal carcere, e un bambino che ha avuto un'educazione completamente diversa, cresciuto con la mamma in un'altra famiglia, viene declinato tra liti e un feeling sempre crescente. Il racconto è ben scritto, scorrevole, a tratti intimo e toccante. Il linguaggio, volutamente semplice, ha trovato un buon riscontro anche nell'adattamento cinematografico
Il rapporto tra padre e figlio non è sempre facile. Guido Lombardi lo racconta nel suo romanzo “Il ladro di giorni” attraverso una storia coinvolgente, toccante, un bellissimo percorso d’amore. Una storia che è diventata anche un film diretto dallo stesso scrittore-regista napoletano e interpretato da Riccardo Scamarcio. A narrare la storia è Salvo, che ha 11 anni e ripercorre le sue emozioni, le paure di un bambino che ha dovuto crescere prima del tempo. Da quando suo padre Vincenzo è stato arrestato, Salvo ha dovuto lasciare Bari per trasferirsi nel Trentino dai suoi zii. “All’inizio non volevo stare dagli zii, però se non andavo da loro dove andavo?” Sono passati sei anni e Vincenzo, dopo aver scontato in prigione la sua pena, decide di ritornare dal figlio per trascorrere quattro giorni con lui. “Dove andiamo?” gli ho chiesto. E lui ha risposto: “Via, andiamo via”, con la sua voce nuova. Deve essere proprio brutto stare in carcere se ti fa cambiare così la voce. Come un topino in gabbia che non può correre. E non può piangere.” Insieme attraversano l’Italia in un viaggio che li porta fino a Bari perché Vincenzo deve concludere qualcosa di molto importante che ha lasciato in sospeso. Esiste un responsabile di tutto questo vuoto temporale, “Il ladro di giorni” come lo chiama Salvo, che li ha privati di tutto il tempo, di tutte le gioie che avrebbero potuto vivere insieme. Questo viaggio da Nord a Sud è fatto di imprevisti, avventure, sorprese, incontri ma soprattutto di rapporti perduti e recuperati. Salvo non ha ancora capito se il padre sia tornato per stare con lui veramente o per qualche altro motivo. “Vorrei qualcuno che mi vuole bene per come sono – dice Salvo – pure se non faccio niente, giusto sbagliato che sia. Com’era con mamma.” Salvo narra la storia con un’attenzione matura, forse troppo per un bambino della sua età. E’ un campione di tuffi, è leale ed è bravissimo a scuola. Vincenzo, invece, ha avuto a che fare con la legge e anche i suoi comportamenti, a volte, sono discutibili. Non è certo una persona onesta, ma sicuramente non è nemmeno così cattivo come potrebbe sembrare. Adesso deve riconquistare la fiducia del figlio che nel suo silenzio, per tanti anni, ha dovuto fare i conti con la solitudine interiore e la mancata risposta ai tanti “perché”. Eppure Salvo, che ha coraggio da vendere, imparerà a fidarsi nuovamente del padre. “Avevi ragione… sono meglio di una pistola” è la presa di coscienza del giovane Salvo che impara pian piano a conoscere il mondo nascosto del padre. Guido Lombardi, attraverso una scrittura vivace e scorrevole, ci porta a riflettere sul senso di responsabilità che non deve mai venire meno nella vita. Quella stessa vita che ci offre tante opportunità per recuperare i rapporti perduti e guardare all’essenziale.
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