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Anno edizione: 2019
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Una lettura che sento di poter definire insolita, almeno rispetto ai miei gusti e alle mie preferenze: insolita nella forma e nel contenuto. Pochissimi dialoghi, molte riflessioni che scaturiscono dallo sguardo sulla vita, propria e altrui, della protagonista, che riesce a mettere a distanza il mondo ed ha messo a distanza anche me lettrice, perché è come se fossi rimasta anche io a guardare, senza mai sentirmi coinvolta, senza mai entrare davvero nella storia. Mi ha lasciato ben poco, è una lettura che non consiglierei.
L'autrice ci presenta una tematica poco esplorata, l'amore durante la terza età. La protagonista è una vedova che vive da sola, lontana dai figli. È immersa nel suo mondo, fatto di ricordi, ma poi cerca di evadere trovando una nuova compagnia, ma il destino sarà ancora una volta triste con lei. Diverse saranno le sensazioni che proverà. Il testo in alcuni punti è un po' ermetico, forse stancante, ma l'impressione generale è positiva. Probabilmente l'intento dell'autrice era quello di comunicare la visione del mondo attraverso gli occhi della protagonista, che sicuramente si sente disillusa. Anche qui, tema caro agli islandesi, qualche bella descrizione naturalistica riempie il clima generale di mestizia. Un testo forse non bello, ma che non mi è dispiaciuto.
Una donna anziana alla finestra pensa alla vita trascorsa e, senza una vena di nostalgia, riporta alla luce luoghi, situazioni e momenti che il ricordo mantiene lontani. In una narrazione in cui la dilatazione del tempo predomina, il passato remoto, quello prossimo e il presente si muovono insieme senza contaminarsi. Il passato diventa immagine, più o meno sfocata, in cui non c’è traccia di partecipazione emotiva. Il presente è ciò che è possibile vedere dalla finestra con un doppio vetro o è dato dai gesti che una donna anziana compie, quasi automaticamente, mossa da una sorta di inerzia che pervade anche la narrazione. Il linguaggio poetico, che descrive la natura islandese nelle diverse stagioni, che ci fa entrare nella vita della protagonista, ne rispetta i tempi, quelli del ricordo e quelli di un presente contraddistinto da gesti e da immagini che sono espressione di una solitudine profonda accettata come ineluttabile, come se l’espressione più autentica della vecchiaia fosse proprio la solitudine. Il doppio vetro, dunque, non rappresenta il necessario riparo dal freddo, ma in questo caso è espressione del distacco tra la donna e il mondo, tra la vecchiaia e la realtà esterna, un distacco che non è solo costruito dalla società, ma cercato e direi forse voluto da chi ha raggiunto la vecchiaia e non si riconosce in un presente che non sente più suo. Brevi frasi in corsivo sembrano aprire momenti diversi del racconto. Sono pensieri della protagonista, la veloce messa a fuoco di situazioni vissute all’interno della casa o scorte fugacemente all’esterno attraverso la finestra. Lo spostamento di una sedia, il lavoro a maglia, i bambini che giocano sulla sabbia con la paletta, rappresentano spazi resi angusti dalla fugacità dell’immagine o da pensieri che si accavallano e il cui significato sfugge al lettore. Il presente si muove in una spazialità ristretta e scorre veloce mentre il passato si dilata in vari luoghi con più ampi campi di azione per cui solo il passato, con la diversità di prospettiva che offre, dà significato alla vita fino a identificarsi con essa. La riscoperta dell’amore e della possibilità di riviverlo, nonostante l’età con tutti i pregiudizi sociali che questo comporta, non è il tema centrale del breve romanzo di una vita. Sembra essere un momento di luce in mezzo a tanta nebbia, ma soprattutto al bianco della neve, che ovatta tutto, tempo e spazio, attutisce i suoni e rallenta i battiti del cuore. Il tema centrale di questo lungo racconto è il rapporto tra vita e non vita, tra passato e presente, un presente che corre veloce per una strada senza via d’uscita.
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