Libro bellissimo, è veramente un capolavoro, ma va letto fino alla fine e soprattutto si deve avere un atteggiamento laico, privo di schemi o pregiudizi. L’autore è stato bravo a gestire il lungo “flusso di coscienza” che se da un lato respinge la lettura, dall’altro invece rende veramente bene la fase di passaggio che vive il protagonista. Sullo sfondo una Napoli in piena trasformazione post guerra.
Ferito a morte
Un libro di iniziazione, di rivelazione e di scoperta dal valore universale.
«Testimonianza vibrante di quegli irripetibili anni Cinquanta napoletani e italiani - teneri e sfacciati, avviticchiati e svaniti come i giri di un cavatappi - e fedelissima alle loro sfumature più dolorosamente superficiali ed effimere, Ferito a morte è anche un classico. È un libro straordinario, che fonde perfettamente natura e storia, coerenza strutturale della costruzione narrativa e impalpabile poesia del fluire della vita, percezione sensibile e critica politica, l'istante atemporale dell'epifania esistenziale e la storicità (entrambi incarnati in una Napoli mitica e reale), pessimismo e felicità, compresenti nel cuore come nella seduzione del mare, fisicità immediata e riflessione.» Claudio Magris
La vicenda narrata in Ferito a morte si svolge nell'arco di circa undici anni, dall'estate del 1943, quando, durante un bombardamento, il protagonista Massimo De Luca incontra Carla Boursier, fino al giorno della sua partenza per Roma, all'inizio dell'estate del 1954. Tra questi due momenti il racconto procede per frammenti e flash, ognuno presente e ricordato, ognuno riferito a un anno diverso, anche se tutti sembrano racchiusi, come per incanto, nello spazio di un solo mattino: la pesca subacquea, la noia al Circolo Nautico, il pranzo a casa De Luca… Negli ultimi tre capitoli vi è poi come una sintesi di tutti i successivi viaggi di Massimo a Napoli, disincantati ritorni nella città che «ti ferisce a morte o t'addormenta, o tutt'e due le cose insieme»; nella città che si identifica con l'irraggiungibile Carla, con il mare, con i miti della giovinezza. Se, come ha scritto E.M. Forster, «il banco finale di prova di un romanzo sarà l'affetto che per esso provano i lettori», quella prova Ferito a morte l'ha brillantemente superata: libro definito dal suo stesso autore «non facile», cult per molti critici e scrittori, è stato ed è anche un libro popolare, amato e letto, con grande adesione sentimentale, da lettori che poco sapevano di questioni letterarie, ma vi ritrovavano la loro stessa nostalgia per un paradiso perduto e per una «giornata perfetta».-
Autore:
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Anno edizione:2021
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Antonio M 16 maggio 2025CAPOLAVORO
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MarioM35 11 dicembre 2024""Viviamo in una città che ti ferisce a morte o t'addormenta, o tutte e due le cose""
Raffaele La Capria (3 ottobre 1922). Si laurea in giurisprudenza alla Federico II nel 1947, nel 1950 si trasferisce a Roma. Prende parte ad un seminario ad Harvard sulla letteratura. Collabora con diverse testate giornalistiche e nel 1961 vince il Premio Strega con Ferito a morte. La Capria parla di una Napoli negli anni che vanno dall'estate del 1943, quando il protagonista Massimo conosce Carla Boursier, fino all'estate del 1954; anno in cui Massimo (alter ego di La Capria) parte per Roma. Il racconto procede per flashback con lo scopo di raccontare la noia al circolo nautico, la pesca subacquea e tanto altro. La Capria in alcuni momenti utilizza il discorso indiretto libero, utilizzato ad esempio anche da Flaubert, con cui riesce a descrivere alla perfezione com'era l'acqua del Golfo di Napoli. Ci sono tanti altri temi che fanno in modo di collocare Ferito a morte tra i classici contemporanei.
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jannarelle 11 febbraio 2024Un capolavoro del modernismo
Inatteso vincitore della quindicesima edizione del Premio Strega, “Ferito a morte” è un romanzo sul passaggio dalla giovinezza all’età adulta, dall’illusione alla disillusione, nostalgicamente ripercorso attraverso una polifonia di voci che rievoca ricordi di belle giornate e rimpianti per le grandi occasioni mancate, con un continuo andirivieni tra vicende che coprono un arco di undici anni ma che sembrano concentrarsi nello «spazio di un mattino». Nella luce calda e accecante dell’estate napoletana, il colore che predomina è l’azzurro, quello mutevole del mare e quello inalterabile del cielo; ma questa evocazione del mito della giovinezza è solo apparentemente idilliaca, dilaniata dalla scelta del protagonista Massimo tra andarsene e restare, mentre in filigrana si scorgono gli scempi della ricostruzione post-bellica e il fallimento della borghesia meridionale, che cede al potere del denaro e al piacere di apparire, fingendosi ciò che non è. La circolarità dell’impianto narrativo torna anche nello stile di scrittura, fitto di immagini che si ripetono e di parole che si rincorrono per assonanze e consonanze: ed è proprio la complessità strutturale e stilistica che fa di questo romanzo un capolavoro del modernismo.
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