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"Una grande vita romanzesca" e "un'incomparabile abilità nel captare le anime": così Vincenzo Gemito è tratteggiato dal direttore di Capodimonte Sylvain Bellenger nella prefazione al catalogo della mostra "Gemito. Dalla scultura al disegno", allestita a Napoli, presso il Museo di Capodimonte, dall'11 settembre al 15 novembre 2020.
Nato a Napoli nel 1852, la sua storia personale ha, da subito, le caratteristiche del dramma: abbandonato ed esposto alla ruota dell'Annunziata, Gemito vive la sua infanzia per le strade della città, da cui peraltro trae la prima e fondamentale fonte di ispirazione. Giunge alla fama mondiale all'età di 25 anni con uno dei suoi soggetti popolari più famosi, il Pescatore, presentato all'Esposizione universale di Parigi del 1878. Torna poi a Napoli, richiamato dalla famiglia, dove crea la sua prima fonderia e vive un periodo di intensa produzione artistica, seguito da profonde crisi di instabilità mentale che lo porteranno ad isolarsi. Vent'anni di buio a cui segue l'ultima produzione, che questa mostra mette in luce evidenziando gli stretti rapporti dello scultore con gli artisti della secessione artistica europea degli inizi del Novecento e della pittura metafisica. Morirà a Napoli nel 1929. La mostra e il catalogo sono suddivisi in nove sezioni in cui le opere di Gemito sono disposte cronologicamente e associate a quelle di artisti suoi contemporanei. Due sezioni di approfondimento sono dedicate ai due grandi amori della sua vita: la francese Mathilde Duffaud e la napoletana Anna Cutolo.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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