Solitamente adoro gli autori di questa epoca, la scrittura vittoriana riesce forte delle atmosfere del tempo, della fervente espansione dell' impero inglese e della ricerca scientifica legata all' occulto, ma in questo caso l' autore naufraga in un oceano di banalità a mio avviso. Scrivere "paura" non genera paura, e omettere i dettagli delle così dette "orrende" visioni di cui continua a cianciare tutto il tempo non le rende più terribili del nulla che vi costruisce attorno. Forse in un epoca di religiosità fervente e priva di televisione poteva bastare ma agli occhi di un contemporaneo quest' opera sbadiglia un debole tentativo di goticizzare l' idea del dio pagano e della naturale perversione umana.
