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Dov'è che impariamo ad amare? Com'è che ci si ammala dentro, com'è che si guarisce?
«Chiara Gamberale ha finalmente affrontato il suo Grande Fantasma, trovando una lingua nuova e più matura; oltre la geografia dei sentimenti, ci consegna un vero e proprio romanzo di formazione» – Walter Siti
«Come ci educano ad amare le persone che amiamo? "Il grembo paterno" interroga la strana responsabilità che comporta non solo l'amore dato, ma anche l'amore ricevuto. Con pagine crepitanti, che attingono in modo nuovo a quel lessico che chiamiamo "famigliare", Chiara Gamberale ha scritto un romanzo ispiratissimo e commovente» – Paolo Di Paolo
Nel corso di una notte fatale, che segnerà per sempre il destino di tutti, Adele, abbracciata a Frida, sua figlia, torna come in un sogno al paese di provincia dove è nata, marchiata da un soprannome, Senzaniente, che è pesato sulla sua famiglia perfino dopo che il padre, Rocco, ha sfidato la miseria e conquistato il benessere. La storia fra Adele e Nicola, il pediatra di Frida - l'uomo di cui si è innamorata e con cui l'intesa inizia a vacillare -, s'intreccia allora alla storia di Adele e suo padre, in una spola sempre più serrata fra passato e presente, dove quello che ci è stato tolto quand'eravamo bambini rischia di diventare l'unica misura di quello che chiederemo al mondo. Mentre nessuno dei personaggi indimenticabili di questo romanzo riesce a tenere stretto quello che è convinto di desiderare, l'intrinseca violenza delle relazioni si mescola alla loro intrinseca dolcezza. E una televisione sempre accesa si prende gioco dello sforzo di tutto di credere alla proprio esistenza. Chiara Gamberale, per scrivere il suo romanzo più ispirato, scende all'origine delle nostre domande sull'amore, in quella terra scoscesa dove abbiamo cominciato a essere la persona che siamo.
Ci sono casi in cui le presentazioni dei libri si rivelano essere molto meglio dei libri stessi! E questo è uno di quelli. Purtroppo, a mio parere, è un libro che non riesce negli intenti ambiziosi dell'autrice. A volte la scrittura è inutilmente ostica e alcuni passaggi abbastanza patetici e forse scontati. Tematiche importanti e delicate sono trattate in maniera troppo superficiale, i dialoghi sono a tratti imbarazzanti. Salvo giusto qualche passaggio interessante ma resta la delusione.
La lettura dei romanzi di Chiara Gamberale la trovo sempre piacevole in quanto mi piace il suo modo di scrivere; tuttavia rispetto ai temi dei suoi romanzi non ho trovato niente di così innovativo.
L’ultimo romanzo di Chiara Gamberale, “Il grembo paterno”, è un romanzo che appare più una analisi psicologica su due piani temporali differenti e con due registri linguistici che la narrazione in prima persona della protagonista. Adele, quarantenne, mamma single di Frida, e Nicola, pediatra, sposato con figli, l’uomo che “bussa al suo sangue” e che la rimanda laggiù, alla storia d’amore primitiva tra i suoi genitori e tra lei e i suoi genitori, soprattutto uno dei due, il padre, Rocco. Lo stile di scrittura non è adatto a lettori poco esperti. Spesso ripetitivo, nel romanzo compaiono troppo spesso frasi dialettali romane ed un gergo tipico adolescenziale che rendono il testo poco scorrevole. L’alternarsi dei due tempi temporali a volte non si distingue bene così come il discorso diretto da quello indiretto. L’eccessivo utilizzo ad inizio frasi di congiunzioni come il “CHE” con l’intento di catturare l’attenzione del lettore rischiano, come avviene in questo lavoro, di dare maggiore importanza al contrapporre in se che non al contenuto della frase. Un linguaggio anti-letterario quello della Gamberale, eccessivamente abusato che appesantisce il romanzo. I riferimenti a tematiche quali la bulimia, l’anoressia, l’identità di genere, sono affrontate male e appaiono più un tentativo per rendere interessante il romanzo ai più giovani pur non essendo stato scritto per loro. Le eccessive descrizioni dei rapporti sessuali appaiono inutili e fastidiose.
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